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Due late-comers a confronto:
la Guerra Russo-Giapponese del 1905.


5. Il Dopoguerra
5.2 I cambiamenti politici, economici e sociali nella Russia del dopoguerra

  1. I rapporti internazionali
  Il 31 agosto 1907 fu firmata l'Intesa Anglo-Russa con la quale veniva stabilita la spartizione degli interessi delle due potenze per le aree contese dell'Asia centrale (48). In particolare, la Persia fu divisa in due zone d'influenza, delle quali quella più estesa posta a settentrione era affidata alla Russia, l'Afghanistan fu escluso dall'influenza russa e i rapporti diplomatici tra i due paesi, Russia e Afghanistan, si sarebbero svolti con la mediazione inglese, il Tibet fu riconosciuto sotto la sovranità cinese. Questo accordo permise la costituzione della Triplice Intesa (49).
  Nel 1907 il Giappone riconobbe ai Russi il controllo sulla Manciuria settentrionale e sulla Mongolia. Tale riconoscimento verrà riconfermato nel 1910 e nel 1912 (50).
  Nel 1908 il Ministro degli Affari Esteri Aleksandr Izvol'skij, in carica dal 1906 al 1910, strinse un accordo con il Ministro degli Esteri austriaco Conte Alois Lexa von Aehrenthal che prevedeva l'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Austria che già le amministrava, in cambio della revisione dello “statuto degli Stretti”. Prima che i russi potessero preparare diplomaticamente le loro richieste l'annessione ebbe luogo inasprendo così le relazioni tra i due imperi. Tali rapporti peggiorarono durante le Guerre Balcaniche del 1912-1913 che videro la Russia parteggiare per la Serbia contro la rivale Austria (51).

  2. La rivoluzione del 1905
  Mentre era ancora in corso la guerra col Giappone, e a causa di quella, in Russia si verificarono diverse proteste che inizialmente pacifiche divennero sempre più violente e rivoluzionarie.
  Nel novembre 1904 un congresso di zemstvo, riunito a Pietroburgo, domandò al governo la costituzione di un'assemblea rappresentativa e la concessione delle libertà civili. Anche le organizzazioni professionali protestarono contro governo e per coordinare le proprie iniziative politiche si fusero nella “Unione delle Unioni” in cui i Cadetti divennero la forza politica preminente (52).
  Contemporaneamente gli operai delle grandi città organizzarono manifestazioni contro la politica del governo e la continuazione della guerra. La più imponente delle quali fu organizzata dal sindacato giallo del prete Gapon il 22 gennaio 1905. Questa manifestazione pacifica, che coinvolse 120.000 persone, fu dispersa dai cosacchi davanti al Palazzo d'Inverno provocando 70 morti e 240 feriti tra i dimostranti (53). Questa strage, ricordata come la “Domenica di sangue”, provocò l'indignazione di quelli che fino allora era rimasti fedeli allo Zar e la loro adesione alle proteste.
  Il 4 febbraio, un terrorista rivoluzionario, P. Kalajev, riuscì ad uccidere la zio dello Zar, il Granduca Sergej Aleksandrovic, marito della sorella maggiore della Zarina, Elizaveta Fedorovna (53a).
   Lo Zar fu costretto a pubblicare, all'inizio di marzo, un progetto di modernizzazione che prevedeva la convocazione di un'assemblea consultiva, la proclamazione della tolleranza religiosa e l'abrogazione delle leggi di discriminazione etnica (54).
  Il rallentamento dell'attuazione di queste leggi fece scoppiare tra giugno e agosto innumerevoli ribellioni, scioperi e sollevazioni contadine (55). I tumulti coinvolsero a Odessa molti equipaggi della Marina Militare che si unirono alle dimostrazioni operaie. Il 27 giugno a bordo della corazzata Kniaz' Potemkin Tavricevski, l'equipaggio, già in tacita agitazione per le situazione a terra, guidato dal sottocapo silurista Fanasij Matusenko, riconosciuto come capo dei rivoluzionari e rappresentante ufficiale dei Socialdemocratici sulla Potemkin, si ammutinò. Il pretesto fu la somministrazione di carne putrida e guasta all'equipaggio durante una navigazione. Le rimostranze si fecero violente, il comandante, Capitano di Vascello Golikov, cercò di non premere troppo con le misure di disciplina ma il comandante in seconda, Capitano di Fregata Gliliarovskij, chiamò un picchetto armato per procedere alla fucilazione di un certo numero di marinai presi a caso. A quel punto l'equipaggio si ammutinò: sette ufficiali furono uccisi, sette furono feriti e tre si unirono ai rivoltosi (1 Sottotenente di Vascello e 2 ufficiali di macchina). La Potemkin fece rotta per Odessa per appoggiare gli operai che erano in rivolta. La notizia dell'ammutinamento si diffuse su tutte le navi della flotta del Mar Nero e la ripercussione fu tale da far temere che tutti gli equipaggi avrebbero seguito il suo esempio ma solo un'altra nave si unì all'unità ribelle.
  L'equipaggio decise di portare la corazzata Potemkin in Romania e quindi affondarla nelle acque territoriali di quel paese. Seicento uomini dell'equipaggio rimasero in Romania e si dispersero poi negli anni successivi. Alcuni degli ammutinati si arresero o furono catturati e processati. La corte marziale condannò a morte solo sette capi rivoluzionari, altri 19 furono condannati ai lavori forzati a vita in Siberia e 35 a pene detentive fino a un massimo di venti anni.
  Poco tempo dopo l'ammutinamento delle Potemkin, altri marinai si ribellarono a Kronstadt e Sebastopoli. Le ribellioni furono soffocate nel sangue, ma dodici anni dopo gli equipaggi della Marina Russa furono alla testa della Rivoluzione d'Ottobre (56).
  Il 19 agosto del 1905 fu pubblicato il manifesto imperiale che concedeva un parlamento elettivo, o Duma, dotato di poteri consultivi (57).
  La sconfitta russa fece crollare il prestigio del governo anche davanti alla classi più abbienti, provocando un intensificarsi delle agitazioni rivoluzionarie fra le masse contadine e operaie, sostenute e fiancheggiate dagli intellettuali e dagli studenti. Le timide riforme di Nicola II non furono più sufficienti ad arginare la protesta rivoluzionaria; infatti, dal 20 al 30 ottobre fu organizzato uno sciopero generale a Pietroburgo con la creazione del primo Soviet (consiglio) degli operai che coordinò le loro manifestazioni (58). Il 30 novembre, con il cosiddetto “Manifesto di Ottobre, lo Zar concesse la costituzione che garantiva le libertà civili e affidare la funzione legislativa alla Duma trasformando l'impero autocratico in una monarchia costituzionale (59). Il Primo Ministro Witte preparò la legge elettorale che prevedeva la partecipazione popolare essendo convinto della fedeltà allo Zar da parte dei contadini (60).
  L'opposizione si scisse in due schieramenti: il primo composto dai Cadetti e dagli Ottobristi, i quali prendevano nome dal “Manifesto di Ottobre” e che era soddisfatto delle riforme ottenute; il secondo composto dai Socialdemocratici e dai Socialrivoluzionari che voleva continuare la lotta (61).
  I gravissimi disordini avvenuti in Siberia, dove intere regioni si trovarono per parecchie settimane in balia dei rivoluzionari ed interamente separate dalle altre parti dell'Impero, intralciarono le operazioni di scioglimento delle armate in Manciuria e l'evacuazione verso le rispettive sedi delle truppe concentrate intorno a Kharbin.
  Il ritorno graduale nella Russia europea dei vari reparti non poté avvenire. I richiamati, turbolenti, stanchi, sfiduciati, male inquadrati, spinti dal partito rivoluzionario e dai siberiani congedati, si ribellarono. Provocarono ruberie, omicidi e distruzioni d'ogni genere e mandarono una deputazione ad imporre, con gravi minacce, al Generale Linjevic di lasciarli partire immediatamente per le loro case senza aspettare il turno dei rispettivi reparti. Linjevic diede il consenso. Le conseguenze di questa decisione furono notevoli: la Siberia fu isolata per vari giorni dalla Russia europea, i comitati rivoluzionari presero il sopravvento. Il Tenente Generale Cholccevnikov, Governatore del Transbaikal, persuaso che in Russia il governo fosse stato rovesciato, emanò un “prikaz”, decreto, riconoscendo il nuovo governo sorto dalla rivoluzione (62).
  Anche il rientro dei prigionieri di guerra creò difficoltà: il trasporto che avrebbe dovuto effettuarsi in circa cinque settimane, durò molto più a lungo. Parte dei prigionieri provocarono disordini al momento dell'imbarco, obbligando gli ufficiali russi a ricorrere persino all'aiuto dei giapponesi. (63).
  A dicembre, il ritorno dei soldati reduci dell'Estremo Oriente permise al governo di mobilitare l'esercito per arrestare il Soviet di Pietroburgo, 200 uomini tra cui Trockij, e reprimere la rivolta operaia organizzata da Lenin a Mosca tra il 22 dicembre 1905 ed il 1° gennaio 1906. Per tutto l'inverno spedizioni punitive percorsero la Russia soffocando nel sangue qualsiasi protesta, mentre l'Estrema Destra formava “centurie nere” per aiutare in questo compito la polizia e l'esercito (64).
  
  3. Politica interna
  Il 6 maggio il governo promulgò le “Leggi fondamentali” che precisavano il ruolo dell'Imperatore. Quest'ultimo manteneva il controllo dell'esecutivo, delle forze armate, della politica estera, il diritto di dichiarare guerra e di concludere una pace, la successione al trono, l'organizzazione della corte imperiale e dei possedimenti imperiali, rimaneva capo della Chiesa e manteneva il titolo di Autocrate. Inoltre, soltanto l'Imperatore poteva modificare la Costituzione, a lui spettava convocare e sciogliere le sessioni della Duma, indicare la data delle elezioni, aveva diritto di veto sulle leggi e nei periodi in cui la Duma non era in sessione poteva emanare degli ukase, decreti, che necessitavano l'approvazione della nuova Duma (65). Il potere dello Zar era mantenuto attraverso gli organi amministrativi dello Stato, Chiesa, istruzione, industria, trasporti, potere locale e sanità.
  Alla Duma erano accordati i diritti legislativi e le funzioni finanziarie ad esclusione dei bilanci dell'Esercito, della Marina, della Corte imperiale e dei prestiti di stato che rappresentavano tutti insieme quasi il 40% del bilancio nazionale. Inoltre, se il bilancio presentato dal governo non veniva approvato dalla Duma rimaneva in vigore quello dell'anno precedente (66).
  In seguito a queste riforme fu aboliti il Comitato dei Ministri, sostituito da un più moderno Consiglio dei Ministri (67) che era responsabile solo verso l'Imperatore (68). Il Consiglio di Stato, che dai tempi dello Zar Alessandro I era un corpo di dignitari, divenne l'alta camera legislativa con poteri uguali a quelli della Duma (69). I componenti di questo organo sarebbero stati per metà nominati dall'Imperatore sula base di elenchi annuali, mentre della restante metà sarebbero stati eletti 56 grandi proprietari dagli zemstvo provinciali, 18 rappresentanti eletti dalla piccola nobiltà, 12 dal commercio e dall'industria, 6 dal clero, 6 dall'Accademia delle scienze e dalle Università e 2 dalla Dieta finlandese (70).
  Nonostante il sistema elettorale fosse a suffragio universale maschile, erano previste limitazioni che penalizzavano, con il sistema delle elezioni indirette a base censuaria, soprattutto i contadini e portavano ad una sotto-rappresentanza delle città (71). Inoltre gli zemskie nacalniki, che dal 1905 potevano essere non nobili, avevano l'incarico di impedire che persone “inaffidabili” divenissero elettori o eletti alla Duma, ma la loro opera non sortì alcun effetto ed i contadini preferirono non votare i loro favoriti (72).
  La prima Duma si riunì il 10 maggio 1906. Dei 497 deputati 45 appartenevano a partiti di destra, 32 a gruppi nazionali o religiosi, come i Polacchi ed i Mussulmani, 184 erano i Cadetti mentre solo 124 erano di partiti di sinistra poiché sia i socialdemocratici che i socialrivoluzionari avevano boicottato le elezioni. I restanti 112 erano senza partito, in maggioranza contadini che rifiutavano di schierarsi con i vari partiti ma che rimanevano all'opposizione (73). In questo parlamento circa la metà degli eletti non appartenevano al gruppo dei “grandi russi” e ben 40 deputati erano di partiti ucraini (74).
  Il 5 ottobre 1906 fu varato un decreto che parificava la status giuridico dei contadini alle altre classi (75). Il governo, che aveva solo l'appoggio della Destra e degli Ottobristi, si scontrò con la maggioranza della Duma sulla questione della terra. L'Assemblea avrebbe voluto che le proprietà dello Stato, della famiglia imperiale, della Chiesa e dei grandi latifondisti fossero distribuite ai contadini in cambio di un indennizzo mentre il Governo era assolutamente contrario in quanto considerava tali proprietà private e quindi inalienabili e convinse lo Zar a sciogliere la Duma, cosa che avvenne il 9 luglio 1906 (76).
  Duecento deputati, di cui metà Cadetti, si riunirono nella città finlandese di Vyborg dove firmarono un manifesto di protesta contro lo scioglimento della Duma ed incitavano i russi alla disobbedienza civile fino alla convocazione di una nuova Duma. Il Governo approfittò di questo documento per imprigionare per un periodo di 3 mesi i partecipanti alla riunione di Vyborg togliendo loro il diritto di ripresentarsi alle nuove elezioni (77).
  Il Governo, non potendo abolire la Duma e le elezioni, intervenne con tutti i mezzi possibili per garantirsi un risultato elettorale favorevole, approfittando del persistente stato di emergenza. Infatti, 82 zone della Russia erano sottoposte a regolamenti speciali di vario tipo e il nuovo Presidente del Consiglio e Ministro degli Interni Stolypin instaurò delle corti marziali formate solo da Ufficiali dell'Esercito che in pochi mesi fecero esguire oltre 1.000 condanne a morte. Anche la libertà di stampa venne limitata con la sopressione di 206 giornali e il deferimento dei direttori ai tribunali (78).
  Nonostante le misure prese dal Governo, nella seconda Duma, che si riunì il 5 marzo 1907, l'opposizione rappresentata dai Cadetti e dalla Sinistra, scese solo dal 69 al 68% del numero totale dei rappresentanti ma mutò la propria composizione. Infatti i Cadetti scesero a 99 deputati mentre la Sinistra era passata dai 124 deputati della prima Duma ai 216 della seconda, e di questi 60 erano gli eletti Socialdemocratici e 20 quelli Socialrivoluzionari (79).
  Il 16 giugno il Presidente del Consiglio, dopo aver presentato una proposta di riforma agraria, fece sciogliere la Duma con il pretesto della mancata abolizione dell'immunità per 55 deputati Socialdemocratici che Stolypin voleva arrestare come traditori (80). Lo stesso giorno lo Zar, in accordo con Stolypin, appellandosi al suo diritto “storico” di poter abrogare ciò che aveva concesso, modificò la legge elettorale inaugurando il cosiddetto “Regime del Giugno 1907” (81).
  Nella nuova legge a vantaggio della nobiltà, la rappresentanza contadina fu ridotta di oltre la metà e gli operai furono relegati in un comparto separato e sotto-rappresentato, definito Curia. Furono ridotti anche i rappresentanti della Polonia e del Caucaso mentre la rappresentanza dell'Asia centrale fu completamente eliminata in quanto considerata troppo arretrata. La procedura divenne ancora più indiretta e complessa, su modello di quella prussiana e al Ministro degli Interni fu permesso di modificare i distretti elettorali. Inoltre, eccettuate le cinque città maggiori, i centri urbani, che fino ad allora avevano votato separatamente, furono immersi in circoscrizioni rurali dominate dalla nobiltà. Con il nuovo metodo elettorale i 200.000 elettori nobili si garantivano il 50% dei seggi alla Duma; infatti un voto di un proprietario terriero equivaleva a 4 di esponenti dell'alta borghesia, a 65 voti della classe media, a 260 dei contadini ed a 540 degli operai (82).
  Come risultato della nuova legge, il Governo ottenne una Duma composta da deputati favorevole alla propria politica. La nuova Duma, definita “nera”, con una maggioranza composta da 160 membri della Destra e da 150 Ottobristi, e con un'opposizione che poteva contare solo su 54 Cadetti, 33 esponenti della Sinistra e su gruppi minori di moderati, rimase in carica per tutti i 5 anni del suo periodo legale. Nella terza Duma soltanto 36 deputati, dei quali 18 Polacchi, rappresentavano le nazionalità non russe dell'Impero (83).
  Nel 1911 fu definitamente approvata la riforma agraria.
  Il 14 settembre 1911 Stolypin fu assassinato da un giovane informatore della polizia legato ai rivoluzionari e il suo posto fu preso da Kokovcov (84).
  Nel 1912 venne eletta una nuova Duma “nera” nella quale gli Ottobristi erano solo 98 divisi al loro interno sulla condotta da seguire, i Cadetti, eletti in sole 9 provincie dell'Impero, erano 59 mentre la Sinistra era composta da 48 “progressisti”, 14 Socialdemocratici e 10 socialrivoluzionari (85).

  4. I partiti russi
  I partiti della Destra difendevano gli interessi dei proprietari terrieri e si avvalevano di contadini eletti e dei sacerdoti ultra-tradizionalisti per scopi demagogici (86). I nobili erano organizzati in un Congresso delle Associazioni o Nobiltà Unita (87), che favoriva organizzazioni segrete quali l'Unione del Popolo Russo operanti con l'appoggio dell'Ochrana al fine di istigare il fanatismo popolare contro i nemici della religione, dell'Imperatore e dello Stato (88). Tali organizzazioni, oltre all'opera di propaganda attraverso una propria stampa clandestina organizzavano azioni di terrorismo contro gli esponenti della Sinistra o dei Cadetti (89).
  Gli Ottobristi, il gruppo più numeroso nella terza Duma, rappresentavano la nobiltà di campagna meno conservatrice e i circoli d'affari. Si dividevano in una destra legata a posizione politiche nazionaliste “grandi russe” e una sinistra vicina alle posizioni dei Cadetti (90). Questo partito politico, che dava il proprio appoggio al Governo, era guidato dall'esperto Aleksandr Guckov, eletto presidente della Duma nel 1910. La collaborazione con la politica illegale ed illiberale del Governo era giustificata con la necessità di sconfiggere la rivoluzione (91). I primi contrasti col Governo sorsero nel 1908, quando gli Ottobristi criticarono l'Alto Comando delle Forze Armate e si accrebbero nel 1909 a causa dell'atteggiamento intransigente dello Zar che respinse un progetto di legge per lo stanziamento di fondi per la Marina già approvato solamente perché aveva dato luogo ad una discussione all'interno della Duma sul programma ed il personale del nuovo Stato Maggiore (92).
  Gli Ottobristi eletti nel 1912 mitigando tutte le loro posizioni di destra divennero sempre più ostili al Governo (93).
  I Cadetti, il partito più numeroso dell'opposizione, era composto da professionisti, da esponenti della classe media-superiore e da alcuni proprietari terrieri. La destra del partito, capeggiata da Maklakov, era convinta che l'alleanza con un governo anche illiberale era migliore di quella con i rivoluzionari e avrebbe permesso di raggiungere alcuni dei propri obiettivi indispensabili per uno stato liberale (94). Miljukov, leader del partito, al fine di preservarne l'unità, aveva presentato un programma moderato alla seconda Duma e da novembre 1907 cercò di organizzare un'”opposizione responsabile” tentando inutilmente di prendere parte attiva al processo legislativo (95).
  L'opposizione di sinistra, a causa della politica di “pacificazione” del Ministro Stolypin, non potè svilupparsi in modo legale. I Socialrivoluzionari, che nel 1906 contavano 50.000 iscritti e 350.000 simpatizzanti, furono costretti a passare alla lotta clandestina. In particolare, l'Organizzazione di Combattimento e i Socialrivoluzionari massimalisti, che si erano staccati dalle posizioni del partito, iniziarono un'opera di terrorismo rivolta contro i funzionari statali di vario grado, gli ufficiali e gli agenti di polizia, provocando 1.400 vittime nel 1906 e 3.000 nel 1907 (96). La reazione della Stato fu molto dura e molti dei rivoluzionari massimalisti furono condannati a morte o uccisi sul posto mentre altri dovettero rifugiarsi all'estero (97). Fondamentale per la decimazione del movimento fu l'infiltrazione di un agente di polizia, Evno Azef, che era riuscito a diventare capo della sezione di combattimento e che fu smascherato solo nel 1908.
  Da Londra il capo dei Socialisti Rivoluzionari, Viktor Cernov, propose il cambiamento della linea politica utilizzata nel 1905, rivelatasi fallimentare. In particolare, era convinto della necessità di riformulare il programma agrario che era stato apprezzato dai contadini ma, prevedendo ancora il possesso comunitario delle terre, non li aveva spinti alla rivolta. Inoltre, a causa della repressione, secondo Cernov era indispensabile la costituzione di un partito maggiormente centralizzato, con capacità cospirative e molto disciplinato ma allo stesso tempo in contatto con le masse attraverso i sindacati, le cooperative e le associazioni dei contadini (98).
  La repressione del Governo colpì duramente anche il Partito Socialdemocratico che, nel 1907, era composto da 150.000 iscritti: 38.000 Menscevichi, 46.000 Bolscevichi ed i membri del Bund e dei Partiti Socialdemocratici polacco e lettone. Nel 1910 gli iscritti si erano ridotti a 10.000 e solamente 5 o 6 sezioni bolsceviche rimanevano attive in Russia (99). Martov, leader dei Menscevichi, riteneva che quello del 1905 era stato un esempio di estremismo prematuro che aveva favorito solo le forze conservatrici. Nelle mozioni presentate al Congresso del Partito Socialdemocratico, tenutosi a Londra nel 1907, i Menscevichi proponevano un'azione congiunta con le forze liberali per abbattere lo Zar e avviare una rivoluzione democratica; soltanto nell'impossibilità di tale alleanza erano disposti a una lotta contro i liberali (100). A causa dell'atteggiamento dei muziki, che avevano dimostrato di non essere né democratici né socialisti, i Menscevichi proposero un'opera di educazione e di miglioramento economico nelle campagne. Inoltre, l'avvento del primo Parlamento e le esperienze positive avute con i sindacati, le cooperative e le altre organizzazioni di massa portarono i Menscevichi a considerare l'eventualità dell'abbandono della lotta clandestina rivoluzionaria (101).
  Le posizioni dei Bolscevichi, presentate allo stesso Congresso, criticavano quelle dei Menscevichi, accusati di ipotizzare un'alleanza improbabile con la classe media russa rischiando in questo modo di liquidare il partito clandestino ed indebolire la lotta. I principali interlocutori del Partito, secondo i Bolscevichi, dovevano essere i contadini, ai quali sarebbe stata promessa la confisca e la distribuzione delle terre.
  Il pericolo di trasformazione del contadino medio in piccolo borghese sarebbe stato annullato dalla presenza degli operai socialisti, che avrebbero mantenuto saldamente il controllo della lotta di classe, e dalla rivoluzione europea che avrebbe permesso il successo del proletariato russo (102).
  L'opposizione al Governo si sviluppò anche nei territori non russi dell'Impero.
  La Finlandia, dopo aver ottenuto nell'ottobre 1905 la revoca dei poteri dittatoriali del Governatore Generale e della legge sull'arruolamento e nel 1906 la creazione di una Dieta, dimostrò la propria volontà di indipendenza. Stolypin, per frenare tali spinte indipendentiste, fece approvare dalla Duma, nel 1910, un progetto di legge che toglieva dlle competenze della Dieta finlandese le imposte, le tariffe doganali, il servizio militare, i diritti dei Russi residenti, la gestione dei tribunali, delle scuole, de servizio postale e dell'ordine pubblico. Fino al 1914, a causa dell'opposizione finlandese, questa legge non trovò applicazione e venne sostituita dalla legge marziale (103).
  In Polonia, i partiti di ispirazione socialista si unirono alle agitazioni del 1905 e 40.000 uomini del “Partito Socialdemocratico del Regno di Polonia e di Lituania” (P.S.D.R.P.L.), insieme a 55.000 del “Partito Socialista Polacco” (P.S.P.) parteciparono allo sciopero generale del gennaio 1905. Tali movimenti furono colpiti duramente dalla repressione del 1906-1907 che, indirettamente, favorì la diffusione del nascente movimento nazionale organizzato dai Cattolici (104).
  Le proteste del popolo armeno vennero placate sia con concessioni, come l'abrogazione della confisca delle proprietà della Chiesa armena dell'agosto 1905, sia con spedizioni punitive che sfinivano la popolazione. Nel 1907 la borghesia armena favorì la pacificazione della regione Transcaucasica per aiutare gli Armeni che combattevano in Turchia e arrestare l'avanzata della Federazione Rivoluzionaria Armena, Dasnakcutjun, che al Congresso di Vienna del 1907 aveva adottato un programma socialista (105).
  I Mussulmani dell'Impero costituirono movimenti politici peculiari. Nel 1905 venne fondata la Lega Mussulmana Panrussa d'ispirazione liberale, mentre un gruppo di giovani intellettuali legati ai Bolscevichi organizzarono a Baku nel 1911 il primo partito politico dell'Azerbaigian, il Musavat (Eguaglianza). Anche nelle regioni dei Tatari di Crimea e del Volga si formarono partiti regionali vicini alle posizioni dei Socialisti rivoluzionari russi (106). I 30 deputati mussulmani della prima Duma ed i 39 della seconda formarono un gruppo misto composto sia di liberali che di socialisti. Questo numero fu drasticamente ridotto dalla legge elettorale del 1907 e gli 8 milioni di mussulmani furono rappresentati solo da 9 deputati nella terza Duma e da 6 nella quarta (107).
  Alla fine del 1905 600 comunità ebraiche furono vittime di nuovi pogrom che causarono oltre 1.000 vittime e che cessarono solo nel 1906 contemporaneamente agli altri disordini. Agli Ebrei fu permesso di partecipare alle elezioni della Duma, nella quale elessero 12 rappresentanti nel 1906, 9 Cadetti e 3 Laburisti o Trudoviki. Nelle seguenti tre elezioni prima della scoppio della Prima Guerra Mondiale, a causa delle manipolazioni elettorali i deputati ebrei furono rispettivamente 4 nella seconda Duma, 2 nella terza e 3 nella quarta (108). Le discriminazioni furono mantenute e l'unica proposta del Ministro Stolypin di alleviare gli svantaggi degli Ebrei fu ritirata per l'opposizione dello Zar (109). Dopo il fallimento della rivoluzione del 1905, molti Ebrei russi dei distretti urbani, di ispirazione socialista o nazionalista, emigrarono in Terra Santa dove diedero vita ai kibbuz palestinesi (110).

  5. La situazione agraria
  Nel 1905 vi erano nella Russia europea 12,3 milioni di famiglie contadine, di cui 9,5 milioni vivevano in regime comunitario (111). A causa dei disordine del 1905, il 3 novembre fu pubblicato un manifesto con il quale furono condonate, per metà del loro valore, le quote di riscatto delle terra relative al 1906. In seguito tali quote furono abolite e fu concesso alle famiglie contadine di vendere la terra comunitaria e lasciare il villaggio (112).
  Con il decreto d'emergenza del 9 novembre 1906 venne avviata la “riforma Stolypin, che istituiva il titolo di proprietà individuale per gli appezzamenti precedentemente attribuiti alla comune. Per ottenerlo i capifamiglia dovevano richiedere la loro parte delle terre comunali o ne diventavano proprietari senza bisogno di alcuna domanda se il possesso era stato ereditario o se non vi era stata alcuna ridistribuzione delle terre dal 1887. Il nuovo proprietario, che manteneva il diritto di utilizzare i campi, i boschi ed i pascoli della comune, non poteva suddividere la propria terra tra i suoi eredi, venderla a chi non fosse contadino o ipotecarla se non alla Banca Fondiaria Contadina. Era prevista, in caso di ridistribuzione generale, la possibilità di fornire ai richiedenti poderi unificati e recintati, invece delle strisce sparse distribuite precedentemente (113). Il maggior numero di distacchi dalle comuni si ebbe nel periodo 1907-1909, mentre dal 1910 vi fu un brusco declino delle richieste. In quell'anno furono dichiarati dalla legge proprietari individuali altri 3,7 milioni di membri delle comuni con possesso ereditario, ma la loro fu una conversione soltanto nominale, infatti solo 625.000 richiesero l'emissione dei titoli di proprietà (114).
  Questa riforma agraria, ordinata con decreto imperiale nell'autunno 1906 e modificata da ulteriori disposizioni di legge dalla terza Duma fu definitamente approvata solo nel 1911. Questa importante legge prevedeva lo scioglimento delle comuni contadine. In questo modo le terre che non venivano ridistribuite periodicamente divenivano proprietà personale dei contadini che le lavoravano mentre quelle che erano ridistribuite potevano essere richieste come proprietà personale da ogni singolo capofamiglia. Se tale richiesta coinvolgeva almeno 1/5 dei contadini che facevano parte della comune la suddivisione doveva permettere la costituzione di proprietà compatte e nel caso fossero stati coinvolti i 2/3 dei contadini la comune poteva essere sciolta. Tale legge prevedeva la cessazione dello sfruttamento delle terre comuni, dei pascoli e dei terreni boschivi che vennero divisi e assoggettati alla recinzione. Inoltre, fu ridotto il potere degli zemskie nacal'niki ed i contadini non furono più sottoposti ad alcune restrizioni (115).
  Circa 1.250.000 famiglie, equivalenti al 10% del totale, avviarono poderi ottenuti da fusioni recintando l'8,85% delle terre lottizzate; solo 320.000 di questi proprietari di poderi uniti lasciarono il villaggio per trasferirvisi, di solito erano quelli con più cavalli da tiro, più bestiame e i più aperti alle innovazioni (116). Alcuni nuovi proprietari fallirono e tra il 1908 ed il 1916 1.100.000 famiglie furono costrette a vendere completamente o in parte i loro appezzamenti. Delle terre vendute, 3,4 milioni di desjatiny furono ceduto a coloro che si erano separati dalla comune e 600.000 a proprietari di tenute unificate (117).
  Nei 9 anni seguenti il 1905 la popolazione contadina crebbe di 25 milioni di unità e vide la formazione di oltre 3 milioni di nuove famiglie (118). Il governo cercò di agevolare gli insediamenti contadini oltre gli Urali e le migrazioni di contadini in Siberia, che coinvolsero 2.500.000 individui (119) e tra il 1906 ed il 1913 circa 7 milioni di contadini si diressero sia verso le città che verso le nuove terre dell'Est (120). Nel periodo 1911-1913 furono messe a coltura 97,6 milioni di desjatiny (121).
  Nel decennio 1906-1915 i contadini acquistarono 4,3 milioni di desjatiny, di cui 1.250.000 vendute dallo Stato e dalla famiglia imperiale (122) e la Banca Agraria Contadina (Banca Fondiaria Contadina) concesse i prestiti necessari all'acquisto (123).
  Gli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale furono contrassegnati da abbondanti raccolti dovuti alle condizioni climatiche favorevoli. La concomitanza con la crescita dei prezzi del grano e del bestiame nei mercati stranieri e con la possibilità, da parte della maggioranza dei contadini, di produrre eccedenze fece crescere il potere d'acquisto della popolazione agricola che rappresentava ancora i ¾ del totale (124). Questa situazione permise l'espansione del movimento cooperativistico con la formazione di 33.000 cooperative nel 1914 (125). Il miglioramento delle condizioni economiche non fu seguito dalla meccanizzazione del lavoro agricolo: nel 1911, in tutta la Russia europea c'erano solo 66.000 mietitrici, che in Siberia erano solo 36.000 e appena 166 trattori contro i 14.000 degli USA (126).
  I proprietari terrieri nobili, terrorizzati della Rivoluzione del 1905, cedettero molte delle loro terre: nel periodo 1906-1907 la Banca Fondiaria Contadina acquistò da loro ben 1.891 tenute per un'estensione complessiva di 10 milioni di desjatiny e che rappresentavano il 20% delle terre nobiliari (127). Nel 1911 ai nobili rimanevano solo 43,2 milioni di desjatiny (128), anche se possedevano ben 107.000 delle 130.000 grandi e medie tenute (128a). Tra il 1861 ed il 1914 il numero di proprietari terrieri nobili diminuì del 25% mentre la superficie in loro possesso si ridusse di poco meno del 45% (129). Nel 1914, quindi la maggioranza dei servitori dello Stato nobilitati vivevano dei loro stipendi governativi, senza redditi supplementari provenienti dalle terre (130). Dei circa 100.000 proprietari nobili quasi 50.000 possedevano tenute inferiori a 270 acri mentre la restante parte deteneva il 97%dei 100 milioni di acri delle terre nobiliari, equivalenti alla metà di tutta la terra posseduta dai privati nella Russia europea. Inoltre, il 10% della nobiltà agraria con proprietà superiori a 2.700 acri possedeva il 75% di tutta la terra organizzata in tenute. Vi erano 155 magnati che possedevano il 33% di tutta la terra posseduta da nobili con una media di 270.000 acri a testa. Tra questi grandi proprietari terrieri spiccavano i due fratelli Conti Seremetev, che possedevano uno 29 tenute per 600.000 acri di superficie e l'altro 26 tenute per 400.000 acri, e la Principessa Z.N. Yusupova con 21 tenute per 580.000 acri (131).
  Prima della Grande Guerra l'agricoltura nobiliare produceva il 12% di tutti i cereali per panificazione, la metà dei quali veniva venduta rappresentando il 21,6% del grano presente su mercato (132).

  6. L'industria e la finanza
  Tra il 1895 ed il 1914 la Russia importò una media di 200 milioni di rubli l'anno ed il pagamento del debito estero accumulatosi nell'Impero richiedeva una cifra annuale di poco inferiore (133).
  Il nuovo progresso industriale seguì il modello precedente la guerra con il Giappone ma dalle dimissioni di Witte il Governo diminuì il sostegno dato agli industriali ed allentò leggermente la pressione finanziaria sulle masse (134).
  Le banche russe svolgevano una funzione di sostegno all'industria ma la dipendenza da capitali esteri era aumentata enormemente: capitalisti francesi erano proprietari di quasi i 2/3 delle industrie produttrici di ghisa e di metà di quelle carbonifere mentre i tedeschi avevano investito nella produzione chimica ed elettrica e gli inglesi in quella petrolifera (135). Anche nell'industria del cotone 1/5 del capitale investito era straniero e quasi 1/3 delle fabbriche più grandi era controllato da stranieri a cui apparteneva tutto il raccolto di cotone russo. Il capitale straniero aveva un ruolo importante anche nella manifattura della lana, nelle assicurazioni, nella navigazione marittima e costituiva 1/3 dei fondi delle grandi banche commerciali (136).
  Intorno al 1910 il 5% della popolazione economicamente attiva era impiegato nella manifattura artigiana, l'industria o le miniere e produceva il 20% del reddito nazionale. Di questi lavoratori il 30% era occupato nel settore tessile che forniva il 28% del valore del prodotto totale, mentre il 13% era impiegato in quello alimentare che concorreva per il 22% a formare il valore prodotto. Inoltre, vi erano molte imprese di piccole dimensioni che rappresentavano una quota maggioritaria e crescente della manodopera ma con una percentuale declinate anche se ancora cospicua del valore prodotto. Queste imprese occupavano 2 milioni di artigiani che lavoravano in piccole officine, artel'i, della Russia urbana in buona parte nei territori in cui gli Ebrei erano autorizzati a risiedere. Infine, dispersi nelle campagne lavoravano tra i 2 e gli 8 milioni di produttori a domicilio pre-capitalistici e preindustriali, chiamati kustary, che, con i loro utensili a mano, producevano da ¼ ad 1/3 del valore dell'intero settore dei beni di consumo (137).
  Dalla convocazione della prima Duma vi fu una ripresa dell'industrializzazione con un incremento medio annuo del 6% fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. La produzione delle industrie base, ad eccezione di quella petrolifera, aumentò: la produzione di ghisa grezza crebbe dai 175 milioni di pudy (1 pud = 16,38 Kg) del 1909 ai 183 milioni del 1913, quella di ferro e acciaio passò da 163 a 246 milioni di pudy, quella di rame da 1,3 a 2 milioni di pudy e quella di carbone da 1.591 a 2.214 milioni di pudy (138).
  La produzione di beni di consumo aumentò tra il 1908 ed il 1913 di 1/3, mentre quella di beni strumentali dell'84%, anche se più di 1/3 dell'attrezzatura tecnica e più della metà dei macchinari industriali dovevano essere importati e solo 1/3 del prodotto industriale era assorbito dall'economia rurale (139). Nel 1914 il settore industriale era composto da circa 310 imprese con stabilimenti di grandi dimensioni e tecnologicamente efficienti, ciascuna con capitale azionario di oltre 2 milioni di rubli, che costituivano ¼ di tutte le imprese e possedevano i 2/3 di tutti il capitale societario dell'impero (140). Alla grande industria si affiancavano 150.000 laboratori dell'industria artigiana che occupavano i 2/3 della forza lavoro non agricola e concorrevano alla formazione di 1/3 del prodotto industriale (141).
  L'industria era concentrata soprattutto nella regione di Pietroburgo dove vi erano 960 imprese che occupavano il 7% dei lavoratori impiegati nel settore industriale nazionale e fornivano il 10% del valore prodotto nel medesimo settore. A queste si aggiungevano altre 48 fabbriche fuori dai confini municipali ma facilmente raggiungibili dalla città. Di queste ultime 8, compreso il complesso cantieristico e di armamenti di Kronstadt, erano statali e fabbricavano munizioni e articoli militari impiegando 20.000 operai. Entro i confini della città di Pietroburgo il tasso di crescita più alto, durante i sei anni precedenti il 1914, fu registrato dalla lavorazione dei metalli, tale produzione raddoppiò giungendo ad impiegare il 40% dell'intera manodopera di fabbrica e a fornire il 35% del valore totale prodotto (142). Questo settore industriale contava 284 fabbriche, di cui 100 con più di 90 salariati che occupavano il 90% dei dei 78.000 operai metallurgici dei quali il 66% era concentrato nelle 22 fabbriche con oltre 750 addetti (143). A Pietroburgo vi era anche l'unico gigante metallurgico e metalmeccanico integrato verticalmente di tutta la Russia: la società Putilov. Questa società aveva proprie miniere di ferro ed impiegava circa 13.000 operai nella fabbricazione di ferro e di acciaio, nella lavorazione dell'acciaio, nella costruzione navali e nella fabbricazione di macchine. Fondamentali per le sue attività erano le commesse governative per l'Esercito e la Marina. Queste commesse fornivano lavoro anche ai 3.500 operai dei cantieri Nevski (144).
  Sempre a Pietroburgo veniva prodotto il 70% del volume totale del materiale elettrico dell'impero, soprattutto grazie al capitale straniero delle aziende Siemens e AEG. Anche la nascente industria chimica era presente nella capitale con 2 impianti, in tutto in Russia erano 89, che però impiegavano il 70% dei 16.500 operai chimici dell'Impero.
  Il restante 60% dei salariati di Pietroburgo era occupato nel settore della produzione di beni di consumo: 44.000 tessili, 20.500 nella produzione alimentare e 23.300 nel settore della carta e della stampa (145).
  In Russia il commercio ed i trasporti coinvolgevano 2.200.000 addetti ovvero il 7,1% delle popolazione attiva, l'impiego pubblico contava 1.200.000 persone, cioè il 3,8%, e i servizi domestici 1.600.000 persone, 5,2%.
  Nella sola Pietroburgo esistevano 20.000 botteghe regolari, delle quali 2/3 di generi alimentari, 18 mercati all'aperto con 3.000 botteghe e banchi coperti. Tali attività di commercio al dettaglio impiegavano 150.000 persone, delle quali dai 14.000 ai 18.000 venditori stradali, in maggioranza contadini con banchi di fortuna (146).
  Nel 1913 il tasso di crescita media dell'economia scese al di sotto di quello dei paesi industrializzati (2% in Germania, 2,5% negli USA e 3% in Giappone) (147) ed anche il reddito pro capite calcolato per tutto l'Impero era molto più basso di quello dei paesi occidentali: 102,2 rubli in Russia, 292 in Germania, 355 in Francia, 463 in Gran Bretagna e addirittura 695 negli Stati Uniti (148).

  7. Il movimento operaio
  I lavoratori dell'industria nel 1913 erano solo 2,3 milioni di persone, pari all'1,4% della popolazione, di questi il 41% era concentrato in fabbriche con più di un migliaio di operai (149).
  La giornata lavorativa degli operai rimaneva in media di 10 ore al giorno mentre i salari aumentarono nel periodo precedente la Grande Guerra in maniera minore al costo della vita (150). Gli aumenti raggiunsero il 20% del salario che in media oscillava tra i 262 e i 300 rubli annui per gli uomini e tra i 150 e i 180 rubli per le donne. Per comprendere l'effettivo disagio delle classi operaie è sufficiente confrontare tali salari medi con quello stimato minimo per la sussistenza di un lavoratore non sposato che, nel 1908, a Pietroburgo ammontava a 230 rubli l'anno (151). Anche le condizioni abitative erano pessime a causa del costante aumento degli operai di fabbrica, principalmente ex-contadini che si riversarono nelle grandi città tra il 1910 1 il 1914. In particolare, nel 1912 a Mosca, nei quartieri proletari un appartamento medio ospitava 9 persone ed in una stanza di una baracca tipo di una fabbrica si ammassavano 4 coppie (152).
  Dopo la repressione del Soviet di Pietroburgo e dell'insurrezione armata degli operai di Mosca il movimento operaio fu costretto a ridurre la propria attività. Nel marzo 1906 gli operai furono autorizzati a costituire sindacati ma solo a livello locale (153). Tali sindacati potevano occuparsi solo di questioni economiche pena il loro scioglimento e l'esilio dei capi e non potevano organizzarsi a livello regionale o nazionale (154). Approfittando di questa situazione a loro favorevole i padroni si coalizzarono organizzando serrate, liste nere e chiusure di fabbriche. In questa situazione i sindacati che, nel 1907 contavano 300.000 membri, pari ad 1/40 della forza lavoro industriale, nel 1913, dopo un anno in cui poterono di nuovo crescere, arrivavano appena a 30-40.000 iscritti (155).
  Nel 1912 il Governo varò un dispositivo d'assicurazione migliorato ed efficiente che copriva tutti gli incidenti e le malattie e prevedeva la presenza di comitati con rappresentanti eletti dagli operai (156) ma l'insufficienza di tali provvedimenti causò un aumento della protesta operaia nello stesso anno. Nonostante il primo sciopero, quello dei minatori dei campi auriferi della Lena, venisse soffocato nel sangue dall'Esercito, nel 1912 gli scioperi si fecero sempre più frequenti coinvolgendo 725.000 operai (157). L'anno successivo gli scioperi furono 2.400 e gli scioperanti divennero 887.000 e nei primi sette mesi del 1914 se ne registrarono circa 3.500 ai quali parteciparono 1.337.000 lavoratori. Gli scioperi si concentrarono soprattutto nei centri industriali chiave di Pietroburgo, Mosca e Baku (158). Il più clamoroso fu quello che paralizzò nel Luglio 1914 Pietroburgo e dove si dovettero utilizzare le truppe per contenere l'aggressività dei protestanti e che si concluse solo qualche giorno prima della dichiarazione di guerra della Germania (159).
  Per controllare la protesta operaia il Governo aveva ampliato le forze di polizia che contavano nel 1914 38.000 gendarmi, l'organizzazione segreta Ochrana e un corpo speciale di cavalleria composto da 25.000 cosacchi. Tali forze, che avevano un bilancio di 162 milioni di franchi più un fondo speciale di 25 milioni di franchi versato a discrezione dell'Imperatore, attraverso la decretazione d'emergenza del Governo divenivano “onnipotenti” di fronte ai cittadini (160).

 Note al capitolo 5

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pagina aggiornata il 30 ottobre 2008
scritto da Andrea Portunato