3. Una situazione in evoluzione: Corea, Cina e Manciuria
3.2 Cina e Manciuria
La guerra sino-giapponese del 1894-1895 Il tributo che dal XVI secolo la Corea doveva versare al Giappone costituì il precedente storico per le pretese giapponesi e con il potenziarsi dell'attività economico-commerciale e industriale del Giappone, questi tornò ad esercitare l'egemonia in quell'area facendosi aprire i porti di Fusan, Gensan (1876) e Chemulpo. Tra il 1876 ed il 1882 i giapponesi si assicurarono il monopolio del commercio coreano, impiantando stabilimenti, magazzini e basi militari e suscitando così le reazioni dei cinesi che vedevano con timore l'affermarsi della presenza nipponica sul continente (4). L'inevitabile guerra, scoppiata nell'estate 1894, ebbe inizio con l'invio di 1.500 soldati cinesi richiesti dal re coreano Ko-Jong per sedare disordini causati dalla setta xenofoba dei Tong-hak ed il successivo arrivo di un corpo di spedizione giapponese forte di 5.000 uomini (5). Il governo di Pechino dispose di inviare un numero uguale di soldati via mare. Il Ministro giapponese Ito propose allo stato coreano, per il ritiro delle proprie truppe, l'avvio di una serie di riforme che avrebbero sostituito l'influenza cinese con quella giapponese (6). Al rifiuto coreano fece seguito l'occupazione giapponese del palazzo reale e l'imposizione alla corte conservatrice coreana di dichiarare guerra alla Cina (7). Le prime azioni di guerra si svolsero il 25 luglio 1894 quando una squadra giapponese composta da 3 incrociatori, Yoshino, Akitsushima e Naniwa, affondarono nel porto coreano di Asan un piroscafo inglese, noleggiato dal governo cinese, ed una cannoniera che avevano appena sbarcato i rinforzi cinesi (8). Il 1° agosto vi fu la formale dichiarazione di guerra tra i due paesi (9). La Gran Bretagna, non essendo riuscita a coinvolgere le altre potenze per impedire il conflitto, assicurò la protezione navale su Shanghai e l'area dello Yangtze, dichiarati neutrali (10). L'alto comando cinese, consapevole della limitatezza tecnica ed organizzativa della propria Marina, pur possedendo nell'area del conflitto le due basi navali di Port Arthur e di We-hai-wei e un numero maggiore di navi dei giapponesi, ordinò al comandante della Marina, generale Ting, di non oltrepassare la linea immaginaria che attraversa il Mar Giallo da We-hai-wei alle foci del fiume Yalu (11). Tale decisione permise ai giapponesi di inviare nuovi convogli di truppe in Corea ed il 10 agosto di bombardare impunemente We-hai-wei (12). Solo il caso fortuito portò alla “battaglia navale della Yalu”. Il 17 settembre una squadra giapponese, che aveva scortato un convoglio a Chemulpo, si diresse in esplorazione verso la zona di Port Arthur, incrociando le navi cinesi di protezione ad un convoglio diretto alle foci dello Yalu. Le navi cinesi, 2 corazzate, 5 icrociatori e 3 cannoniere, si schierarono in formazione frontale a cuneo, mentre altre 2 cannoniere e 2 torpediniere si allontanavano dall'area della battaglia. I giapponesi, allontanato un piroscafo armato ed una cannoniera, con 8 incrociatori protetti e 2 vecchie pirofregate, sfilarono davanti al cuneo nemico accostando poi all'interno per avvolgere l'ala avversaria. La superiorità locale così ottenuta dalle navi giapponesi permise loro di affondare 4 incrociatori e 1 cannoniera, subendo soltanto il danneggiamento dell'ammiraglia, l'incrociatore Matsushima (13). Alla fine di settembre l'armata giapponese controllava quasi tutta la Corea ed in ottobre 2 divisioni al comando del Generale Yamagata penetrarono nella Manciuria meridionale (14). I giapponesi, ormai padroni del Mar Giallo, sbarcarono nella penisola dello Liaotung 3 divisioni al comando del Generale Oyama che occuparono nel novembre 1894 Port Arthur. Altre truppe, sbarcate nello Shantung nel gennaio 1895, attaccarono la base navale di We-hai-wei che si arrese il 12 febbraio, permettendo la cattura di una corazzata, un guardia-coste, 2 incrociatori e 6 cannoniere e causarono il suicidio del Generale Ting (15). La Cina, sotto la minaccia di 7 divisioni giapponesi pronte ad avanzare su Pechino, fu costretta ad inviare il Ministro Li Hung-chang in Giappone per trattare la pace con Ito (16). Il trattato di pace di Shimonoseki, concluso tra la Cina ed il Giappone il 17 aprile 1895, riconosceva l'assoluta indipendenza della Corea mentre la Cina cedeva al Giappone la provincia del Liaotung (comprendente Port Arthur e Ta-lien-wan), l'isola di Formosa e le Pescadores, concedeva libertà di navigazione, di commercio e di esercizio di industrie per i sudditi giapponesi in Cina e obbligava quest'ultima al pagamento di una indennità da pagarsi in 6 mesi (17). Il trattato, benché ratificato dai due imperatori, non ebbe pieno effetto poiché Russia, Germania e Francia, con il trattato di pechino dell'8 novembre 1895, costrinsero il Giappone a restituire alla Cina la penisola di Liatung in cambio di aumento dell'indennità di guerra (18). Le informazioni giunte al governo giapponese, secondo le quali la Russia era pronta a far seguire un intervento armato a tale proposta, costrinsero il Giappone ad accettare quest'ultimo trattatato (19). Questi avvenimenti aggravarono la già esistente rivalità russo-giapponese per il predominio in Asia ed il programma messo a punto dalle autorità giapponesi dopo la guerra, oltre ad incoraggiare l'industria, il commercio e l'agricoltura con il potenziamento della rete ferroviaria interna, delle comunicazioni in generale e del sistema scolastico, previde anche un considerevole aumento delle spese destinate a potenziare la flotta e l'esercito. Gli effetti positivi di questo programma, che fece del Giappone una nazione industriale, sommato all'incremento demografico di 500.000 unità annue nel periodo 1894-1903, motivarono ancor di più le spinte espansionistiche verso la Corea (20). Nel 1899 la rivolta dei Boxers, e dalla regione dello Shantung e dal nord della Cina, erano affluiti a Pechino ed avevano assediato le Legazioni straniere, fu sfruttata abilmente dal governo per ottenere il consenso da parte dell'opinione pubblica giapponese e della Dieta ed il Giappone fornì metà delle truppe al corpo di spedizione occidentale. Nel 1901, sconfitti i ribelli cinesi, il Giappone partecipò alla conferenza internazionale e alla divisione dell'enorme indennità richiesta alla Cina. Dopo il Concordato con la Russia sullo sviluppo della Corea (1896) e il riconoscimento russo dei maggiori diritti giapponesi nell'economia coreana (1898) l'atteggiamento aggressivo russo verso la Manciuria spinse il Giappone e Gran Bretagna ad un accordo nel febbraio 1901 (94 Note 1). nel luglio 1901 il Ministro degli Esteri giapponese Hayashi invitato a Londra incontrò il Ministro degli Esteri britannico, Lord Lansdowne, ma, sorsero difficoltà sulla stesura di un trattato che comprendesse anche la difesa dell'India e sulla dislocazione delle truppe. Questi problemi condussero all'interruzione dei colloqui nel novembre dello stesso anno e al tentativo di Ito di accordarsi con la Russia. Nonostante i ciò fosse stato sostituito come premier da Katsura Taro, protetto di Yamagata, e gli si recò a Pietroburgo, dove ebbe numerosi incontri con Ministro degli Esteri russo Lamsdorff che gli offrì delle piccole concessioni sulla Corea come base per una discussione (95 Note 1). Nel frattempo, per non irritare gli inglesi, Hayashi aveva ripreso i negoziati che portarono all'alleanza anglo-giapponese del 30 gennaio 1902: l'India non entrò nel Trattato degli accordi militari furono rinviati ad un'analisi degli stati maggiori. L'accordo prevedeva la neutralità in caso di un attacco in estremo oriente ad uno dei due contraenti lanciato da un solo Stato e l'intervento si nemici fossero stati due. Quindi lo scontro tra Russia e Giappone avrebbe coinvolto la Gran Bretagna solo su un'altra potenza avesse prestato soccorso alla Russia (96 Note 1). Note al capitolo 4
Andrea Portunato - Tutti i diritti riservati ![]() Due late-comers a confronto: la Guerra Russo-Giapponese del 1904-1905. by Andrea Portunato is licensed under a Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia License. pagina aggiornata il 30 ottobre 2008 | ||
scritto da Andrea Portunato |