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Due late-comers a confronto:
la Guerra Russo-Giapponese del 1905.


2. La Russia dall'emancipazione alla guerra
2.3 Agricoltura, industria e finanza. I lavoratori e i movimenti sindacali

  1. L'agricoltura rappresentava la principale attività della Russia zarista; infatti, essa concorreva alla formazione di oltre il 50% del reddito nazionale e permetteva il sostentamento dell'85-90% della popolazione (107). Nel 1860 la popolazione russa era calcolata in 74 milioni di persone (108) e, negli ultimi decenni del secolo, continuò ad aumentare crescendo del 78% (109). La maggioranza della popolazione era composta da individui dediti ad attività agricole; nel 1891, infatti vi erano 100 milioni di contadini (110), risultato di una crescita ventennale al tasso del 25% (111).
  L'emancipazione dei contadini del 1863 si rese necessaria per risolvere i problemi di scarsa produttività legati ai sistemi agricoli tradizionali, sempre meno efficaci per conquistare i mercati di fronte alla concorrenza straniera ed all'affermarsi dell'economia monetaria. Comunque, già nella prima metà dell'Ottocento, si era verificata una diminuzione dei servi della gleba, sia in termini assoluti che in valori percentuali, rispetto alle altre classi sociali: dal 58% nel 1811, essi erano scesi al 44,5% alla vigilia delle “grandi riforme” di Alessandro II (112).
  Fino all'emancipazione, la proprietà della terra era esclusivamente dei nobili o dello stato, mentre in seguito furono concesse terre ai contadini in cambio del pagamento di indennizzi.
  Tale riforma fu applicata in modo ineguale nelle varie regioni dell'impero e richiese molto tempo. I contadini erano sottoposti ad una legislazione separata, ristabilita dal codice civile del 1864, ed erano privi dei diritti spettanti agli altri russi (113).
  L'emancipazione che riguardò 52 milioni di contadini, o muziki, “piccoli uomini”, di cui 20 milioni erano servi di proprietà di privati (114); essa prevedeva la cessione da parte dei nobili e dello stato di terre coltivate, ma queste furono insufficienti alle necessità dei contadini. Inoltre, tali appezzamenti non potevano essere rivenduti o ipotecati (115). I contadini avrebbero avuto all'incirca la metà delle terre coltivate, mentre l'altra metà sarebbe rimasta ai proprietari. In pratica, però, nelle regioni più fertili, soprattutto meridionali, i contadini ricevettero dal 18 al 40% in meno delle terre a loro destinate. Inoltre, ai servi emancipati furono negati l'uso delle zone forestali, i pascoli e gli accessi ai fiumi. Ai 30.000 nobili rimasero proprietà per oltre 95 milioni di desjatiny (unità di misura terriera equivalente a poco più di un ettaro), mentre ai 20 milioni di contadini furono riservate 116 milioni di desjatiny (117). La differenza non era solo quantitativa ma soprattutto qualitativa, in quanto i nobili si riservarono le terre migliori, i cosiddetti otreki cioè “ritagli di terra” (118). I conadini dovevano indennizzare i proprietari per la terra ricevuta e, siccome ben pochi erano i servi in grado di pagare alcunché, il governo provvide a compensare i proprietari appartenenti alla nobiltà mediante buoni del tesoro; a loro volta, gli ex-servi avrebbero dovuto rimborsare lo stato mediante pagamenti rateali scalati su un periodo di 49 anni. In alternativa, i servi potevano prendersi solo un quarto dell'appezzamento loro spettante, la cosiddetta “concessione del povero”, senza dover pagare nulla (119). Salvo che in Ucraina ed in poche altre regioni, la terra non venne concessa a singoli contadini bensì ad una comune, chiamata obscina o mir, quest'ultimo termine designava l'assemblea dei contadini (120). Tale istituzione controllava l'83% delle terre lottizzate e quasi metà di tutto il terreno arabile nelle provincie europee (121). La comunità di villaggio, sel'skoe obscestvo, tramite l'assemblea dei capifamiglia, venne investita dell'autorità precedentemente attribuita ai proprietari terrieri o al Ministero delle Proprietà Statali. Tale comunità eleggeva e stipendiava il membro più anziano ed il suo scrivano, stabiliva i tributi locali, ripartiva le tasse statali e provvedeva alla loro riscossione. Inoltre, essa selezionava il numero richiesto di coscritti, ammetteva o destituiva i membri, decideva la ripartizione di abitazioni e terre ed inviava un delegato ogni famiglie all'assemblea di cantone (volost'). Il numero totale dei cantoni era 10.000, ognuno era composto da 300 a 2.000 contadini maschi ed eleggeva i funzionari pubblici. Questi ultimi, per le loro mansioni erano mal visti dalla popolazione ed erano costretti a svolgere le loro attività pubbliche lontano dalle loro famiglie e dalle loro terre (122).
  La soluzione statale all'indennizzo fu fallimentare perché i servi non riuscirono a pagare le rate e gli interessi eccessivi del loro debito allo stato. Nonostante la loro inadempienza, nel 1905, i contadini avevano pagato, compresi gli interessi, 1,5 miliardi di rubli per terre valutate meno di 1 miliardo. Invece, i nobili, sebbene non ufficialmente, furono ricompensati anche per la perdita di manodopera ricevendo somme superiori al volore delle terre che avevano dovuto cedere; in particolare, nella Russi meridionale i proprietari ricevettero 340 milioni di rubli per terre valutate 280 milioni e nella Russia settentrionale 340 milioni per un valore di 180 milioni. Gli indennizzi servirono principalmente a pagare i debiti della nobiltà verso lo stato presso il quale era stata ipotecata la terra e così a permettere loro un tenore di vita dispendioso. Tra le differenze regionali è da rilevare il diverso atteggiamento del governo verso i proprietari occidentali polacchi o polonizzati, ai quali fu corrisposto un indennizzo addirittura inferiore al valore dei suoli (123).
  Le comuni, a cui era affidata la terra, servirono soprattutto come baluardi dell'ordine e della vita organizzata, e diedero un minimo di sicurezza ai loro membri. Purtroppo, però, mancando di conoscenza e di capitali, esse perpetuarono una produzione agricola di tipo arcaico e tradizionale e mantennero la divisione delle terre in piccoli appezzamenti di varia qualità. Inoltre, la comune era un ostacolo all'emigrazione dei contadini dalle campagne in quanto anche gli oneri, come la terra, venivano ridistribuiti tra i capifamiglia, legandoli alla comune.
  La situazione nelle campagne peggiorò a causa dell'aumento della popolazione che passò da 73 milioni nel 1861 a 125 milioni nel 1897, di cui, secondo le stime della popolazione del 1900 ancora il 70% dipendeva dall'agricoltura. Nonostante l'acquisto di terra da parte dei contadini dai nobili e la messa a coltura di nuove terre, i singoli appezzamenti continuarono a restringersi d i prezzi dei terreni raddoppiarono tra il 1860 ed il 1905 (124).
  L'intervento dello stato per facilitare l'acquisto di terra da parte dei contadini si concretizzò nella creazione della Banca Fondiaria Contadina ma, a causa dell'alto interesse richiesto, il 5,55%, con restituzione in 24 o 34,5 anni, e con anticipo di solo un quarto o un mezzo del prezzo d'acquisto, soltanto 2,4 milioni di desjatiny furono acquistate dal 1883 al 1895 con il suo aiuto. Nello stesso periodo furono acquistate dai contadini terre per una superficie tre volte superiore grazie all'intervento di banche private (125). Soltanto dopo la crisi dovuta alla caduta del prezzo del grano nel 1894 e la cessione di molte terre da parte dei proprietari nobili per recuperare contante, la banca Fondiaria Contadina iniziò ad anticipare dal 90 al 100% del valore dei terreni e ridusse i tassi d'interesse, aumentando a 50 anni la durata dei mutui. In questo modo, le terre acquistate dai contadini dal 1895 al novembre 1905 con l'intervento della Banca Fondiaria Contadina furono di 6,3 milioni di desjatiny. Il totale delle terre acquistate dal 1877 al 1905 senza la sua assistenza furono invece di 17 milioni di desjatiny (126).
  Sotto il regno di Alessandro III, per mantenere la nobiltà in una posizione di predominio, fu creata nel 1885, la Banca Agricola Statale della Nobiltà, che prestò al tasso del 4,5% capitali pari al doppio di quelli anticipati ai contadini dalla Banca Fondiaria (127).
  La nobiltà, dvorjanstvo, non aveva scopi o rivendicazioni unanimi in quanto composta di due categorie principali: i nobili ereditari e quelli a titolo personale. Dei primi facevano parte circa 120.000 famiglie che fino al 1861 avevano garantito il controllo della vita e del lavoro dei servi, mentre i secondi erano in maggioranza funzionari dello Stato (128). Infatti, dai tempi dello Zar Pietro il Grande, era in vigore la Tavola dei Ranghi, articolata in 14 gradi, o ciny, che coprivano sia le carriere militari che quelle civili, privilegiando la durata del servizio prestato anziché il merito. Fino al 1896, gli ufficiali di provenienza non nobile acquisivano uno status di nobiltà ereditaria già dal 14° grado, mentre i burocrati civili lo acquisivano con l'8° grado della Tavola; dopo tale data soltanto il 7° grado per i militari e il 5° per i civili conferivano diritti e privilegi ereditari. Oltre a queste nobilitazioni automatiche, lo Zar poteva concedere patenti di nobiltà con la sua lista personale di onori, organizzata, dopo il 1882, con gli ordini di S. Giorgio, S. Vladimiro, S. Anna e S. Stanislao. Con questo sistema i nobili, che nel 1858 erano 610.000 ereditari e 277.000 personali, divennero nel 1897 rispettivamente 886.000 e 487.000, rappresentando complessivamente l'1,5% della popolazione; di essi solo 55.000 avevano proprietà terriere (129).
  La nobiltà accumulò enormi debiti che la costrinsero alla vendita di terre; infatti le proprietà della nobiltà, che nel 1877 consistevano in 73,1 milioni di desjatiny, scesero nel 1887 a 65,3 milioni e nel 1905 a 53,2 milioni, con la riduzione progressiva dell'estensione media dei possedimenti, da 538,2 desjatiny nel 1887 a 488 nel 1905 (130). In particolare, nel 1905, nella Russia europea, i nobili con 100.000 proprietà possedevano il 36,2% dell'insieme delle terre che dividevano con i contadini, pari a 79,3 (controllare dato) milioni di desjatiny. Questi possedimenti variavano molto per estensione e la maggior parte, circa 60.000, consistevano di poco meno di 100 desjatiny ciascuno (131). Nel 1905 le tenute nobiliari erano 107.000, ma solo una metà di queste, corrispondente al 3% del totale avevano un'estensione di oltre 100 desjatiny ed erano economicamente significative. In particolare, il 9% dei proprietari aveva tenute di oltre 1.000 desjatiny, che costituivano i ¾ di tutta la terra posseduta dalla nobiltà e il 60% di tutte le proprietà private. Inoltre, oltre la metà delle tenute nobiliari avevano un'estensione superiore ai 5.000 desjatiny ed erano maggiormente concentrate nelle regioni del Baltico, in Bielorussia e nelle provincie del sud (132).
  Secondo i dati del 1900, quasi il 40% di tutta la terra posseduta da nobili era data in affitto, ed un altro terzo veniva affidato ai contadini in cambio di parte del raccolto o di ore di lavoro (133). Il lavoro agricolo salariato era scarsamente retribuito, e coinvolgeva alla fine del secolo 2 milioni di individui a cui si aggiungevano quelli che lo facevano saltuariamente. Al fine di impedire la fuga dei braccianti prima della scadenza del contratto, fin dal 1886 erano stati introdotti registri e regolamenti di lavoro bracciantile. Non c'erano limiti d'orario ed il salario giornaliero medio, nel periodo 1882-1900, andava da 50 a 60 copechi (25-30 cents di dollaro o 1 scellino). Dove l'eccedenza di manodopera bracciantile era particolarmente elevata i proprietari terrieri lasciavano, come pagamento del lavoro prestato da una famiglia, la coltivazione di una porzione dei loro possedimenti, reintroducendo in questo modo condizioni contrattuali precedenti all'emancipazione (134).
  La situazione delle campagne nel 1905 vedeva la ripartizione tra i 12 milioni di famiglie contadine del 63,8% del totale di 219 milioni di desjatiny in possesso di contadini e nobiltà (135). Ne consegue che, se nel 1860, ad ogni contadino maschio spettavano 4,8 desjatiny, nel 1905 esse si ridussero a 2,6 (136). la povertà dei contadini rispetto agli abitanti delle città era dimostrata dai consumi: infatti, questi ultimi consumavano sei volte più zucchero e dalle 7 alle 20 volte più tè (137). Solo un quarto del commercio nazionale si svolgeva nelle aree rurali e si calcola che il contadino medio avesse un deficit monetario annuale pari a 86 rubli. Inoltre, tra il 1881 e il 1899 la quantità pro capite delle imposte crebbe del 108,25% mentre, nonostante l'aumento della popolazione, il volume del consumo di articoli comuni quali fiammiferi, cherosene, zucchero, tè declinò o rimase stazionario (138). Nel periodo dell'emancipazione il 28% della popolazione non poteva mantenersi con i propri poderi, e nel 1900 tale percentuale raggiungerà il 50% (139). il possesso di cavalli, indice della prosperità contadina, diminuì: infatti, nel 1882, il 25% dei 9 milioni di famiglie contadine non possedevano cavalli e nel 1900 tale percentuale era salita al 29% degli 11 milioni di famiglie (140). nel 1901 la percentuale salì poi al 33% delle famiglie contadine (141). A causa dell'eccedenza di manodopera nelle campagne, valutata da 6 fino a 23 milioni (142), l'introduzione di macchine mieti-legatrici, mietitrici e falciatrici progredì lentamente (143). Solo una parte delle famiglie contadine, compresa tra il 15 ed il 25% del totale, erano relativamente prospere. Se si escludono le regioni sovrappopolate del sud, altrove i mercati urbani e le migliori condizioni del suolo permettevano la creazione di sistemi economici più forti. In particolare si diffusero cooperative e nella Siberia occidentale si creò un'industria del burro seconda solo a quella danese. Alla fine degli anni '90, appena i prezzi risalirono, circa il 20% dei coltivatori di grano che avevano abbastanza terra, almeno 25 desjatiny, o capitali sufficienti, iniziarono l'acquisto di mietitrici ed altri macchinari (144).
  La produttività migliorò del 10% tra il 1883 ed il 1903 con un incremento annuo dello 0,3% (145). Comunque, ancora nel periodo 1898-1902, il rendimento cerealicolo della Russia europea non arrivava a 9 staia per acro, in confronto alle 14 staia degli USA ed alle 35,4 della Gran Bretagna (146). Tuttavia, la Russia era uno dei principali esportatori di cereali del mondo, mentre il raccolto cerealicolo totale aumentò del 160% tra il 1860-65 ed il 1900-05, le esportazioni aumentarono del 500-600% (147). Ma nel 1905 le famiglie contadine che producevano un surplus erano solo il 10% (148).
  In queste condizioni la siccità poteva causare nelle campagne gravi disastri, come la carestia del 1891, e mantenere l'indice di mortalità a livelli altissimi, 31,2 per mille contro il 19,6 della Francia e il 16 dell'Inghilterra (149). la tensione nelle campagne sfociava spesso in rivolte che, divenute particolarmente gravi all'inizio del novecento, portarono ai disordini agrari del 1905 lungo il medio Volga e nella zona centrale delle Terre nere (150).

  2. Il mercato interno non era in grado di assorbire la produzione di un'industria moderna, quindi lo sviluppo industriale fu stimolato soprattutto da enormi commesse governative e dalle esportazioni verso i paesi asiatici, Turchia, Persia, Afghanistan, Mongolia e Cina (151). la Russia disponeva di 8 regioni industriali di cui 3 nelle periferie occidentale e meridionale dell'impero (152). Quella di Mosca comprendeva 6 provincie ed annoverava industrie tessili di ogni genere, oltre a stabilimenti metallurgici e chimici. La regione di Pietroburgo era, invece, specializzata nella lavorazione dei metalli e nella costruzione di macchinari e comprendeva anche importanti industrie tessili (153). Pietroburgo era anche la capitale finanziaria della Russia, a causa dei forti legami che si erano creati tra affari e burocrazia, ed anche a causa della sollecitudine dimostrata dalle banche e dalla borsa ai bisogni dell'industria e del commercio. Inoltre, molte compagnie vi avevano installato i loro quartieri generali per facilitare i contatti con il Dipartimento, dal 1905 Ministero, del Commercio e dell'industria (154). La regione polacca con i centri di Lodz e Varsavia aveva industrie tessili, siderurgiche, metallurgiche, chimiche e minerarie (carbone). La regione ucraina, che si era sviluppata tra le ultime, forniva soprattutto carbone, minerali fossili e prodotti chimici di base. La zona degli Urali continuava a produrre ferro e altri minerali. L'Azerbaigian nella Transcaucasia forniva il petrolio dei giacimenti di Baku. La regione sud-occidentale era dedita alla produzione di zucchero di barbabietola. La regione Transcaucasica era ricca di manganese e carbone (155).
  Gli stabilimenti acquistati in blocco dalle nazioni occidentali erano più moderni dei loro equivalenti operanti all'estero ma erano affiancati in Russia da settori paurosamente arretrati e si avvalevano di lavoro eseguito da manodopera non specializzata a buon mercato (156). Ad esempio, l'industria tessile cotoniera, diversamente da quella laniera, era altamente meccanizzata (157). Gli impianti moderni con più di un migliaio di operai impiegavano, nel 1895, il 31% della forza lavoro impegnata nell'industri, mentre in Germania la percentuale era del 13% (158).
  La crescita dell'industria raggiunse una media annua del 7-8% durante gli anni novanta e nel periodo 1885-1914, l'incremento annuale della produzione industriale fu, in media, del 5,72%, mentre negli USA fu del 5,26%, in Germania del 4,49 ed in Gran Bretagna del 2,11% (159). La quota della Russia nella produzione mondiale d'acciaio salì dal 2 all'8% fra il 1870 ed il 1900 con 4,8 milioni di tonnellate prodotte, una quantità simile a quella della Francia, 4,6 milioni di tonnellate (160). La produzione di carbone, ferro e acciaio raddoppiò nell'ultimo quinquennio del secolo (161), le costruzioni meccaniche e metallurgiche fecero progressi sostanziali, mentre ristagnò l'industria chimica e quindi la produzione di fertilizzanti per l'agricoltura (162).
  L'industria petrolifera, che si era sviluppata nel Caucaso durante gli anni '90 a causa del facile sfruttamento dei pozzi di Baku, declinò per il loro esaurimento, la competizione straniera e gli atti vandalici causati dalla rivoluzione del 1905. L'estrazione del carbone era in espansione nel bacino del Donec, mentre era stagnante negli Urali e nella regione di Mosca (163).
  La produttività era bassa anche nelle imprese più moderne e nel 1901 un minatore polacco o dell'Alta Slesia estraeva quasi il doppio o il triplo del carbone di un minatore dell'Ucraina, mentre un operaio russo si occupava solo di metà o di un quarto dei macchinari cui badavano gli operai tedeschi, inglesi o americani (164).
  Lo stato promosse lo sviluppo dell'industria di beni strumentali con tariffe protezionistiche, sussidi e appalti, mentre le banche d'investimento ed i prestatori esteri fornivano buona parte del capitale necessario (165). Importanti interventi statali furono attuati per il potenziamento della rete ferroviaria. Nel 1855 vi erano solo 850 miglia di strada ferrata, ma con la guerra di Crimea l'importanza strategica delle ferrovie fu evidente: infatti, nel 1885 la rete ferroviaria era cresciuta a 17.000 miglia (166). In particolare, lo sviluppo fu più rapido tra il 1881 ed il 1894. quando la rete ferroviaria crebbe del 40% e tra il 1895 ed il 1905, quando raddoppiò la propria estensione (167). Importante in questa ultima fase fu la costruzione della Transiberiana. Sotto l'egida del Ministro dei Trasporti Witte nel 1891 furono iniziati i lavori di questa opera colossale, che doveva raggiungere Vladivostok, con l'apporto di capitali stranieri, soprattutto francesi e con un grosso esborso dell'erario. Infatti, questa linea a binario unico, terminata nel 1904, ebbe un costo molto elevato, 250 milioni di rubli, in quanto il governo, per incentivare lo sviluppo dell'industria interna, pagò somme doppie o triple ai produttori russi rispetto a quanto chiedevano i fabbricanti stranieri per fornire i materiali necessari (168). Venne creata così una industria complessa che fabbricava binari, locomotive e materiale rotabile (169). Le linee ferroviarie russe, che nel 1905 avevano raggiunto la lunghezza complessiva di 40.000 miglia, di cui 4.000 della sola Transiberiana (170), comprendevano 3.000 stazioni e sviluppavano un discreto traffico in merci e passeggeri, occupando quasi mezzo milione di lavoratori (171).
  Nel settore ferroviario il governo, per attrarre capitali, acquisì inizialmente la maggioranza delle azioni delle compagnie private ferroviarie garantendo alti tassi di profitto agli azionisti; verso la fine del secolo, al momento dell'acquisto da parte del governo della maggior parte delle linee, questi ultimi furono liquidati generosamente (172).
  Nell'industria siderurgica i profitti netti si aggiravano sul 40% ed erano sul 10% nell'industria cotoniera con punte variabili dal 14 al 25%. Il tasso normale di profitto sul capitale era dal 7 al 12% (173). Nonostante gli alti profitti si verificarono diverse crisi di sovrapproduzione di cui quella dello zucchero del 1887 impose la costituzione di un cartello degli industriali, al fine di ridurre la produzione ed aumentare le esportazioni (174). Nel 1902 si organizzarono in una confederazione i capitalisti del ramo metallurgico, che furono seguiti nel 1904 dai produttori di carbone e negli anni seguenti dalle altre categorie (175).
  Gli imprenditori e i datori di lavoro provenivano da tutte le categorie sociali, ma soprattutto da antiche famiglie di mercanti e industriali, che appartenevano alla setta dei Vecchi Credenti, come i Murozov (176). Gli appartenenti a questa setta erano stati per lungo tempo discriminati nell'accesso alle cariche statali o nella nomina a titoli nobiliari che gli altri mercanti acquisivano con la proprietà terriera; essi furono quindi indotti all'esercizio di altre attività, quali quelle commerciali e industriali, soprattutto nel settore cotoniero e laniero (177).
  Nel 1860 soltanto 860.000 persone, pari allo 0,76% della popolazione, erano occupate nell'industria (178). Gli addetti all'industria, in prevalenza appartenenti al ceto (soslovie) contadino, aumentarono dal 1887 al 1897, passando da 1,3 a 2,1 milioni di individui di cui il 25% era formato da donne (179). Circa il 70% degli operai lavorava in fabbriche situate in distretti agricoli o parzialmente tali, e circa 4 milioni di lavoratori delle industrie leggere, ossia tessili o alimentari, erano stagionali che tornavano alle attività agricole nel periodo estivo (180). Intorno al 1900, soltanto una quota tra 1/3 e 2/3 di coloro che lavoravano nelle fabbriche e nelle miniere erano figli di lavoratori che facevano lo stesso mestiere e quasi la metà non possedeva terra, mentre era ususale per gli altri mantenere il diritto ad una quota di terre, di solito coltivate da un parente, e il dovere di sostenere una quota degli obblighi fiscali della comunità agricola (181).

  3. Le condizioni di vita dei lavoratori industriali erano pessime: infatti il 60% di loro era costretto a vivere senza famiglia (182). Dal censimento del 1897 risulta che il 57,8% degli operai era in grado di leggere, con punte del 75% in settori qualificati come quelli metallurgici di Pietroburgo, contro una media nazionale del 28,4% (183).
  La settimana lavorativa era di 54 o 60 ore e vi erano differenze rilevanti nell'entità delle paghe, che andavano da 200 rubli dei lavoratori tessili di Mosca ai 400-500 dei lavoratori del settore meccanico e metallurgico del sud e di Pietroburgo (184). La sensibilità del Ministro Bunge per i problemi dei lavoratori nelle fabbriche, che si stavano sviluppando rapidamente, lo condusse ad emanare una legislazione sul lavoro che prevedeva la giornata lavorativa di 8 ore per i ragazzi dai 12 ai 15 anni, il divieto del lavoro notturno per i bambini e le donne dell'industria tessile, norme per assicurare agli operai il pagamento adeguato e limitare le multe e le altre deduzioni salariali e l'istituzione di ispettori di fabbrica che controllassero l'applicazione delle suddette disposizioni (185).
  Il ministro Tolstoj, preoccupato del diffondersi delle proteste operaie, nel 1885-86 promulgò leggi paternalistiche quali la proibizione dell'utilizzo dei soldi delle multe per scopi diversi dal benessere dei lavoratori, il divieto di ridurre i salari se già stabiliti da contratti, l'obbligo del pagamento dei salari in modo regolare e non in natura. Egli introdusse inoltre i libri paga e istituì i comitati provinciali di fabbrica, di cui facevano parte il governatore, il vicegovernatore, il capo della polizia, i rappresentanti dell'autogoverno locale e gli ispettori di fabbrica, con il compito di arbitrare nei rapporti di lavoro (186).
La legislazione del lavoro oltre alle disposizioni del ministro Bunge, nel 1897 si arricchì delle norme inerenti l'orario massimo di lavoro per stabilimenti con più di 20 operai: 11 ore e mezza per gli adulti, 10 ore per i turni notturni, il sabato e la vigilia delle maggiori festività; 10 ore per gli adolescenti e 9 per i bambini. Il lavoro era vietato la domenica ed i giorni di festa. Nel 1903 una nuova legge rendeva i datori di lavoro responsabili di eventuali incidenti nelle fabbriche (187).
  A causa delle difficili condizioni di vita dei lavoratori dell'industria scoppiarono i primi scioperi rilevanti, negli anni 1878-79 a Pietroburgo. Nel 1883 Plechanov, comprendendo l'importanza della questione operaia, organizzò il Gruppo della Liberazione del Lavoro, Osvobozdenie Truda, ma non ebbe successo tra i lavoratori (188). Sporadici, ma importanti, si susseguirono negli ultimi decenni dell'Ottocento scioperi e manifestazioni, fra cui quello dello stabilimento tessile Morozov a Mosca nel 1885 che coinvolse 6.000 persone (189). A Pietroburgo, principale centro industriale, nel 1889 fu fondato un Circolo Centrale Operaio per coordinare le attività di protesta delle varie fabbriche, ma anche in questo caso vi aderirono pochi membri (190). Stessa sorte toccò al Sindacato degli Operai del nord creato a Pietroburgo e guidato dall'operaio populista Stepan Chalturin (191). Sul finire del secolo nuove organizzazioni ebbero maggior successo: a Mosca l'Unione dei lavoratori, fondata nel 1894, e a Pietroburgo la Lega di Lotta per la Liberazione della Classe Lavoratrice, creata nel 1895 con la partecipazione di Martov (192).
  L'inasprimento della lotta sociale portò a nuovi scioperi che interessarono sia Pietroburgo che Riga e le zone industriali della Polonia russa e dell'Ucraina; in particolare, lo sciopero del 1900 a Char'kov coinvolse 10.000 persone e ottenne il rilascio dei dimostranti arrestati per la commemorazione del 1° maggio. L'anno seguente a Pietroburgo, in occasione della stessa giornata commemorativa, fu organizzata da parte degli operai dell'acciaio la cosiddetta “difesa Obuchov” con barricate e scontri con la polizia (193). Dal 1902 iniziarono scioperi generali che univano alle rivendicazioni economiche richieste di riforme sociali; a Rostov, ad esempio, i dimostranti chiedevano la giornata lavorativa di 9 ore e scuole per i propri figli. Nel 1903 si verificò la più grande ondata di scioperi che coinvolsero, soprattutto, il sud industriale ed il Caucaso, i più importanti dei quali avvennero a Rostov sul Don, Odessa a Baku (194).
  Nel tentativo di contrastare la diffusione di idee radicali tra gli operai, nel 1901, grazie all'appoggio dal granduca Sergej Aleksandrivc, Governatore Generale di Mosca ultra-reazionario ed antisemita, e del ministro degli Interni V.K. Pleve, fu approvato il progetto del colonnello S.V. Zubatov, capo del servizio moscovita dell'Ochrana, ossia la polizia segreta antirivoluzionaria, che prevedeva la creazione di organizzazioni di mutuo soccorso e la possibilità di istruire gli operai sotto un rigido controllo della polizia (194a).
  Zubatov, nominato nel 1902 capo del Servizio speciale del Dipartimento di polizia, cominciò a fondare i circoli operai ed iniziarono un ciclo di conferenze su argomenti sociali quali i fondi di mutuo soccorso, gli uffici del lavoro e le cooperative di consumatori. Zubatov istituì 3 di queste organizzazioni tra i lavoratori di industrie moscovite, sotto la guida di uomini fidati che fecero da esempio per associazioni di altre città.
  Però, nonostante il controllo della polizia, queste associazioni si allinearono alle rivendicazioni ed ai metodi di lotta degli altri sindacati, come dimostrò lo sciopero del luglio 1903 ad Odessa. Per questo motivo l'esperimento fu interrotto e Zubatov destituito (195).
  Nel febbraio 1904, il pope Gapon, cappellano della prigione di Pietroburgo e agente della sezione pietroburghese dell'Ochrana, con l'approvazione del Ministro Pleve creò un'altra organizzazione simile fa quelle di Zubatov, l'Assemblea dei Lavoratori di Fabbrica che a causa dell'opposizione manifestata da Vitte potè aprire le proprie sezioni solo nell'ottobre 1904 (195a) esordendo con sale da tè ed incontri culturali (196).
  L'insoddisfazione sociale manifestata da tutti questi avvenimenti sarà alla base della rivoluzione del 1905.

   4. La situazione finanziaria dell'impero russo era precaria, in quanto il gettito fiscale, fornito prevalentemente dalle campagne, non poteva essere aumentato di fronte ad un reddito pro capite che nel 1860 era stimato a poco più della metà della media dei paesi dell'Europa occidentale. Ad aggravare la situazione vi era una classe nobiliare privilegiata le cui proprietà terriere vennero assoggettate all'imposta fondiaria solo nel 1875 (197) mentre la Banca Fondiaria della Nobiltà, direttamente dipendente dallo stato, anticipava somme ingenti, nel 1904 707 milioni di rubli, al fine di permettere loro lo stoccaggio di cereali in attesa della loro vendita sul mercato nei momenti congiunturali più favorevoli (198).
  I ministri delle finanze tentarono più volte di risanare la situazione economica. In particolare, il Ministro Nikolaj Bunge, in carica dal 1881 al 1887, che riteneva la nobiltà una classe in declino, abolì l'imposta pro capite nella Russia europea (1886-87), ridusse il carico tributario dei contadini del 25%; inoltre introdusse tasse di successione (1882-85) e tasse sui profitti industriali e commerciali. Queste iniziative, unite alle leggi a favore dei lavoratori dell'industria e al fallimento nel reperimento del denaro sufficiente a sanare il bilancio, fare investimenti per lo sviluppo e avviare le spese militari volute dallo Zar per le campagne in Asia Centrale (1882-84) e per la crisi bulgara (1885-86), costrinsero il ministro Bunge alle dimissioni. Egli fu sostituito da Ivan Visnegradskij che rimase in carica fino al 1892 (199).
  La politica di Visnegradskij fu basata sui tagli alla spesa pubblica, sull'aumento delle imposte indirette ed incremento delle entrate con aumento delle imposte doganali, sull'esazione degli arretrati sui pagamenti per il riscatto delle terre da parte dei contadini e sull'incentivazione delle esportazioni di grano. Nel 1887 il rapporto tra imposte dirette e indirette era di 16,8 a 83,2 (200).
  La chiusura nel 1887 del mercato finanziario di Berlino, decisa da Bismark, che impose alla Reichsbank di cessare l'accettazione di titoli russi come garanzia collaterale per prestiti, ovvero il Lombardverbot (201), indusse il governo all'adozione di una politica di equilibrio nel commercio estero e il deficit che, nel 1887, era di 3 milioni di rubli, diminuì rapidamente fino a raggiungere un attivo di 65,9 milioni di rubli nel 1890 (202). Questa situazione permise di negoziare prestiti francesi che resero possibile una riduzione degli interessi sui titoli del debito estero (203). Nel 1891 Visnegradskij decise di aumentare ulteriormente le imposte fondiarie, di bollo e di dazio, che divenne il più elevato d'Europa, e recuperò gli arretrati sui pagamenti di riscatto (204). Queste manovre fiscali costituirono un peso eccessivo per i contadini, che videro crescere il costo degli attrezzi agricoli importati, e per i consumatori in genere.
  La siccità del 1891-1892, che colpì 20 provincie, portò alla carestia ed al colera, costringendo il governo a organizzare soccorsi per i quali impiegò quasi tutte le riserve che aveva accumulato (205). Se nel periodo 1871-1890 le spese per soccorsi sociali erano state di 12 milioni di rubli, la carestia del 1891 impose un onere di 144 milioni di rubli sotto forma di prestiti e aiuti, di cui più di 95 milioni utilizzati per semine di cereali ed acquisto di generi alimentari nel decennio 1893-1902 (206). Questa crisi costrinse il ministro Visdnegradskij alle dimissioni e portò alla nomina di Sergej Witte, Ministro dei Trasporti, alla nuova carica che mantenne dal 1892 al 1903 (207).
  La politica economica di Witte si basò sull'aumento delle imposte dirette, che passarono dal 29% del periodo 1883-1892 al 49% del 1893-1902. Inoltre, Witte aumentò le esportazioni e limitò drasticamente le importazioni, riequilibrando così la bilancia commerciale e rendendo così possibile l'introduzione della parità aurea (209). Fu aumentata la principale fonte di introito dello stato, ossia le tasse sui beni di consumo popolari, vodka, zucchero, tè, tabacco, cotone e ferro, e nel 1894 la produzione di alcolici divenne monopolio di stato (210). In questa fase la fonte principale delle entrate indirette divennero le città in via di sviluppo e i distretti industriali (211).
  La parità con l'oro, raggiunta nel 1897 (212) dopo l'accumulazione di una sufficiente riserva aurea, assicurò stabilità e prestigio necessari ad attrarre capitali stranieri, e permise al governo di favorire l'avvio dell'industria pesante con ordinazioni massicce, crediti, regolamenti tariffari favorevoli ed il miglioramento della rete dei trasporti (213). Nel 1895 più delle metà di tutti i titoli russi negoziati dallo stato erano in mani francesi e circa ¼ di tutti gli investimenti francesi all'estero erano in azioni ed obbligazioni russe pubbliche o private (214). L'importanza degli investimenti stranieri continuò ad aumentare e, se nel periodo 1893-1896 questi furono del valore di 144,9 milioni di rubli, nel periodo 1896-1899 salirono a 450,7 milioni, soprattutto da parte di investitori francesi, belgi, tedeschi, inglesi e svedesi. Negli stessi periodi gli investimenti nazionali nelle imprese russe furono di soli 103,7 milioni nel primo ed appena 111,8 milioni nel secondo (215).
  Witte intervenne sulla legislazione che riguardava i brevetti, i pesi e le misure, le società per azioni, la borsa valori, gli ispettori e la legislazione di fabbrica, sovvenzionò il settore cantieristico, le società di navigazione, le scuole e gli istituti tecnici e favorì la raccolta di statistiche e di informazioni di interesse tecnico (216).
  Il debito pubblico russo alla fine del secolo era salito a 3,5 miliardi di rubli, di cui 1 miliardo verso l'estero (217). Nel 1900 un ulteriore aumento delle tasse sui generi di largo consumo venne approvato dal governo, cosicché le imposte indirette rappresentarono i 5/6 delle entrate tributarie (218). Negli stessi anni l'esportazione di generi alimentari promossa dal governo per assicurarsi la bilancia commerciale favorevole e finanziare l'industrializzazione raggiunse i 2/3 del valore totale (219). A causa della politica di esportazione di generi alimentari, numerose carestie si susseguirono negli anni 1901-1906, assorbendo parte delle entrate dell'erario per aiuti e sussidi necessari ad affrontare l'emergenza, per un valore di 268 milioni di rubli (220). Nel 1902 la Germania abolì il Lombardverbot e divenne uno dei principali partner economici della Russia, assorbendo nello stesso anno il 41% delle esportazioni russe e fornendo il 35% delle importazioni (221).
  Nell'agosto 1903 Witte dovette dimettersi a causa delle inimicizie che si era creato tra i nobili, che erano scontenti della crisi agricola creata dall'industrializzazione, e per il suo atteggiamento contrario alla politica di espansione russa in Estremo Orinete (222). L'atteggiamento del ministro dimissionario era basato sui mancati vantaggi economici dell'espansione in Manciuria: infatti, la costruzione delle ferrovie necessarie richiese grandi acquisti all'estero di materiale rotabile e l'impiego di manodopera cinese. Anche le nuove installazioni sussidiarie ed i nuovi centri richiesero pesanti investimenti dell'erario, senza creare una corrispondente crescita del commercio russo, che continuò a privilegiare la via marittima. Al contrario, un commercio non russo stava prosperando in Manciuria proprio grazie alle facilitazioni create dalle ferrovie, allontanando l'eventualità di un controllo economico russo sulla regione (223). D'altra parte, alcuni avventurieri con forti legami con la corte russa cercavano di promuovere un sistema di concessioni per lo sfruttamento delle risorse forrestali sul fiume Yalu come veicolo di penetrazione in Corea (224). Witte fu sostituito da Kokovcov che rimase in carica per 9 anni (225).

 Note al capitolo 2

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Due late-comers a confronto: la Guerra Russo-Giapponese del 1904-1905. by Andrea Portunato is licensed under a Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia License.
pagina aggiornata il 30 ottobre 2008
scritto da Andrea Portunato