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Due late-comers a confronto:
la Guerra Russo-Giapponese del 1905.


1. Il Giappone dalla Restaurazione alla guerra
1.3 agricoltura, industria e finanza. I lavoratori e i sindacati

  1. Nel primo periodo Meiji fondamentali rimanevano le attività del settore primario. A causa della difficoltà di coltivare il riso sui versanti delle montagne, solo le pianure giapponesi, che corrispondono solo al 15% della superficie totale del paese, erano meticolosamente coltivate (137).
  L'esiguità della superficie coltivata e le divisioni successorie avevano creato lo spezzettamento estremo della terra in minuscoli appezzamenti. Questi appezzamenti che erano lavorati con aratri trainati producevano cereali, legumi o frutta. La preferenza per la risicoltura, d'altronde, implicava non il frazionamento della proprietà ma lo spezzettamento della superficie coltivata: infatti, sui pendii occorreva creare gradini e scomparti, con dimensioni sempre pił piccole con l'accentuarsi delle pendenze, ma necessari per l'immagazzinamento dell'acqua piovana, risorsa principale per la sommersione delle risaie (138).
  Lo spezzettamento non costituiva un intralcio allo svolgimento delle operazioni colturali facilitate dall'uso di strumenti di lavoro particolarmente leggeri. Più grave è era l'inconveniente di sottrarre alla coltura la superficie occupata dalle dighette di separazione tra una risaia e l'altra. Era stato valutato che un riaccorpamento razionale delle risaie in Giappone avrebbe permesso di aumentare il raccolto del 15%, grazie alle superfici recuperate ed alla migliore organizzazione del drenaggio e dell'irrigazione (139).
  L'agricoltura in Giappone utilizzava con parsimonia la forza animale e disponeva soltanto di poche macchine. Il materiale agricolo, ingegnoso e facile da fabbricare, vanga, sassola per l'irrigazione, zappa, aratro, erpice, falcetto, machete, panieri e bilancieri per il trasporto di carichi era costruito principalmente in bambù e legno (140). L'irrigazione delle risaie sfruttava, quasi unicamente, l'acqua piovana e, dove che era necessario innalzare il livello della risaia, si utilizzava l'acqua di canali e pozze per mezzo di strumenti semplici e leggeri come le sassole. Accanto alla risicoltura, coltivazione principale, si producevano cereali quali l'orzo e il miglio, e inoltre patate dolci e soia che rappresentavano la base dell'alimentazione dei contadini. Le coltivazioni di the, bambù e gelso completavano il panorama agricolo Giapponese (141).
  L'adozione di tecniche migliori da parte dei contadini fu dovuta sia alla persuasione dei proprietari (142) sia dal vantaggio che ne derivava ai contadini stessi (143). le conoscenze intorno al modo migliore per accrescere la produzione è possibile che siano filtrate fino ai contadini grazie alla particolare struttura della loro comunità. Infatti, vi erano canali istituzionali consolidati attraverso i quali le richieste di rinnovamento partite dall'alto potevano raggiungere i contadini e provocare una risposta favorevole, purché non si allontanassero eccessivamente dalla prassi tradizionale. I risultati più riusciti furono le innovazioni nell'irrigazione che l'uso di fertilizzanti. Inoltre, dalle stazioni sperimentali che dalle scuole agricole partivano istruttori ambulanti per la continua istruzione dei contadini su nuove tecniche agricole.
  Grazie al miglioramento dei metodi di coltivazione si ebbe un aumento della produzione del 20% per acro (144), il 21% degli anni '80, a cui non fece riscontro l'aumento della superficie coltivata, solo il 7% negli anni '80 (145).
  Anche la proprietà mantenne il tradizionale carattere atomistico. La produttività passò da 60-70 staia per ettaro nel periodo 1868-78 a 74 staia nel 1902, fino alle 90 del 1917 (146) con una crescita del 30% dal 1889 al 1894 ed un raddoppio dal 1880 al 1905 (147). La media annuale di produzione di riso e era nel 1880-84 di 30 milioni di koku e salii a 40 milioni nel 1890-94, a 45 milioni nel 1900-1904 (148). Aumenti proporzionali si ebbero anche per il grano che l'orzo. Tra il 1880 e il 1914 l'agricoltura giapponese riuscì a soddisfare quasi completamente la crescente domanda di riso dovuta all'aumento di popolazione. Infatti, solo dopo il 1890 il Giappone cominciò a importare riso, nel 1904 e acquistava annualmente 3 milioni di koku soprattutto dalla Corea e da Formosa (149).
  Una parte del raccolto veniva prelevata dai proprietari terrieri, come affitto, per essere venduta sul mercato, tale quantità del periodo 1878-1917 oscillava dal 58 al 68% del prodotto (150). Non essendosi verificate sensibili oscillazioni di prezzo dei prodotti agricoli, si può affermare che i latifondisti e dei proprietari residenti il loco godettero di una certa prosperità (151). Questo li spinse, a cominciare dal 1889, a entrare in politica per proteggere i propri interessi, soprattutto per ridurre le tasse sulla terra, anche a costo di ridurre i sussidi all'agricoltura (152).
  La richiesta di cotone da parte dell'industria tessile locale portò ad un aumento regolare della produzione interna di cotone e nel 1887 il Giappone che era quasi autosufficiente (153). L'importazione del greggio indiano, migliore per qualità e più a buon mercato, determinò tuttavia il declino della coltivazione del cotone che, in crisi dal 1887, vedrà ridursi rapidamente i propri margini d'azione a partire dal 1891, soprattutto a causa delle agevolazioni accordate nel 1896 alle importazioni di greggio con lo scopo di favorire la produzione interna di filati (154).
  Il prelievo fiscale nelle campagne dell'ultimo periodo Tokugawa risultava statico rispetto ad una produttività agricola in netto aumento e aveva permesso ad una parte dei contadini di accumulare capitali. Questi contadini sfruttarono l'opportunità, offerta dall'evoluzione dell'economia nell'era Meiji, per diventare sempre più ricchi, restando denaro ai contadini di poveri, privandoli poi per la terra rendendoli semplici affittuari. In particolare, la necessità di reperire denaro per pagare la nuova tassa sulla terra mise il contadino alla mercé dell'usuraio che spesso era anche il più grande proprietario terriero (155). Di inoltre, l'introduzione del diritto di proprietà, riconosciuto dal governo, avvantaggiò i grandi proprietari (jinushi) che, a differenza di piccoli contadini, potevano contare sull'appoggio del capo villaggio e di funzionari locali per tale riconoscimento, che i mercanti di riso che ne controllavano la commercializzazione (156).
  Nel febbraio 1872 venne abolito il bando feudale che vietava la cessione o vendita di terra, in vigore dal 1643, che vennero rilasciati certificati di proprietà (157). L'anno successivo, il 28 luglio 1873, il governo istituì una nuova imposta fondiaria che si basava sul valore della terra e non più sul prodotto (158). Il tasso deciso fu del 3% sul valore accertato della terra, poi ridotto al 2,5% nel 1876 (159). La nuova imposta, inoltre, doveva essere pagata il denaro e ne era responsabile il proprietario a cui vennero rilasciati i Chiken o certificati di proprietà fondiaria (160).
  I legami feudali ereditati dal periodo Tokugawa e rafforzati dei nuovi metodi repressivi del governo Meiji aumentavano la sottomissione dei contadini, garantita da un forte controllo sociale, ad esempio con la sorveglianza reciproca in gruppi di cinque uomini e dal capo villaggio (161). Quindi, le condizioni dei contadini peggiorarono; coloro che non poterono di mostrare alcuna proprietà furono privati anche dell'uso delle terre comuni, iriaichi, che per i frequenti mancati pagamenti a molti di loro furono confiscate le terre (162). A questa situazione di disagio e i contadini risposero con sommosse violente, anche perché la promessa, da parte dei restauratori del governo imperiale, di diminuire il carico fiscale non fu mantenuta. Il culmine delle insurrezione contadine, e nei primi 10 anni del governo Meiji furono circa 200, si raggiunse nel 1873, anno dell'emanazione della nuova tassa sulla terra. In queste rivolte, spesso, furono ex samurai a mettersi alla testa dei ribelli, e solo con la riduzione di tale tassa, nel 1877, terminò la prima fase delle proteste (163).
  Nel periodo 1881-85 la politica di deflazione di Matsukata causò la caduta dei prezzi dei prodotti agricoli. Negli anni 1884-85, a causa di tale politica, nelle regioni montuose a nord di Tokio, le famiglie contadine dedite alla produzione di seta greggia e i lavoranti per le tonya (case commerciali) si ribellarono capeggiati da ex esponenti radicali locali del disciolto Jiyuto. Specialmente nella prefettura di Chichibu la rivolta fu talmente grave da richiedere l'intervento dell'esercito (164). Il governo riuscì sempre a reprimere le rivolte, che si attenuarono solo con il miglioramento delle condizioni economiche, ma non interferì dei problemi che le creavano ottenendo un della frattura fra i proprietari terrieri e i contadini poveri (165).
  Le difficili condizioni di questi anni condurranno alla diffusione dell'affittanza, che passò dal 20-30% delle terre disponibili al momento della Restaurazione (1873) al 40% nei decenni successivi (166) raggiungendo il 45% nel 1908 (167). Tale sistema si stabilizzò nel 1903 44,5% della terra arabile con caratteristiche che rimarranno immutate fino alla seconda guerra mondiale (168).
  Lo sviluppo del commercio e dell'industria rurale sottraeva la forza lavoro dalle campagne, costringendo i grandi proprietari ad affidare di terra ai piccoli proprietari (nago) che dipendevano da loro, ma la soluzione ai loro problemi sempre più massiccio di salariati. Il contratto salariale che si sostituì ai vecchi vincoli che era spesso aggravato da un debito verso i grandi proprietari, tiene perpetuava la dipendenza. I piccoli proprietari dipendenti (nago), che come categoria giuridica scomparvero verso la fine del diciannovesimo secolo, e i servi ereditari divennero proprietari autonomi a tutti gli effetti o passarono alla condizione di semplici fittavoli (169).
  Il costo eccessivo del lavoro salariale che la sua inaffidabilità portò i grandi proprietari a dividere la terra in appezzamenti ridotti, dati in affitto ad una sola famiglia, e doveva sobbarcarsi anche i costi di conduzione. Le proprietà terriere aumentarono la loro superficie, mentre i rapporti paternalistici venivano sostituiti da contratti (170).
  In epoca Meiji aumento della popolazione causò il peggioramento delle condizioni di vita dei contadini. Infatti, la riduzione del controllo delle nascite fece salire a 50 milioni, nel 1910, la popolazione che nel periodo Tokugawa era rimasta stazionaria su cui 25 milioni. I contadini, per superare i momenti di crisi, furono costretti anche a vendere le proprie figlie alle fabbriche che agivano nelle campagne per mezzo di arruolatori. Coloro che non sopportavano la vita di fabbrica che erano avviate alla prostituzione, e, molte malate di tubercolosi tornavano alle proprie case dove morivano di consunzione (171).
  2. Accanto al settore primario nel periodo Meiji si sviluppò una moderna attività industriale, cominciando dal settore tessile. La prima da figlio moderna fabbrica per la filatura del cotone fu fondata nel 1867 dal daimyo di Satsuma, che nel 1870 aprì un secondo opificio nella zona di Osaka. Quest'ultima fabbrica, nel 1872, passò al governo, che ne aprì altre due nel 1881 e 1882 (172). queste iniziative facevano parte del programma del governo Meiji che, al fine di favorire la produzione interna, installò moderne filande, concessi prestiti, assistenza e vendette macchinari, commissionati in Europa, ai privati nella zona di Nagoya nel 1878 (173). nello stesso anno il governo lanciò un prestito di 10 milioni di yen con agevolazioni di pagamento per favorire le compagnie private (174). Il proprietario di una di queste, Shibusawa Eiichi, nel 1882, appoggiato dai politici Okuma e Inoue, costruì la filanda di Osaka, la Toyo Spinning Company, utilizzando le tecniche inglesi più avanzate. Contemporaneamente gli organizzava l'Associazione dei Filatori di Cotone, la Boseki Rengo-Kai, ad Osaka (175).
  Grazie all'intervento del governo e ai profitti degli industriali tessili, il numero dei fusi passò da 8000 nel 1877 a 77,000 nel 1887 (176). Agli inizi degli anni '80 il Giappone importava il 90% dei filati di cui aveva bisogno, ma nel 1889, le importazioni di diminuirono bruscamente e nel 1894, divenne esso stesso esportatore di filati di cotone (177). Alla fine del secolo la filatura e la tessitura impiegavano 247.117 persone, il 63% degli operai giapponesi (178). La produzione nazionale di filati e di un costante aumento e riuscì a superare le importazioni nel 1891, mentre nel 1897 le esportazioni superarono le importazioni (179).
  Fattori decisivi per questo sviluppo furono, oltre alle decisioni del governo, il basso costo della materia prima,1 mistura di tipi di cotone greggio, e nell'enorme disponibilità di manodopera a buon mercato. A questo si può giungere una buona direzione imprenditoriale, il controllo del mercato coreano e le circostanze accidentali, ad esempio l'epidemia a Bombay ed il divieto d'importazione in Cina di merci indiane (180).
  Nel 1890 si ebbe, però, la prima crisi di sovrapproduzione (181). A causa della crisi l'Associazione dei Filatori divenne una specie di cartello per il controllo delle ore di lavoro delle filande ed il sostegno delle esportazioni. Nel 1893, tale associazione si accordò con la Società Giapponese di Navigazione, la Nihon Yusen Kaisha della Mitsubishi e con gli spedizionieri indiani per ridurre le tariffe e di trasporto del cotone greggio di Bombay ottenendo, nel 1894, la rimozione del dazio sulle esportazioni dei filati di cotone, e nel 1896, di quello sulle importazioni di cotone greggio che in quegli anni rimase il principale prodotto di importazione (182). Nonostante la crisi, il numero di fusi per il cotone aumentò, passando da 382,000 del 1893 con una produzione annua di 44 milioni di chili di filato (183), a 1,381,000 nel 1903 (184).
  Lo sviluppo della tessitura si affiancò a quello dell'industria di filati, soprattutto in relazione all'accresciuta domanda di stoffe per uniformi militari e alle esportazioni, principalmente destinate alla Corea ed alla Cina, che passarono da 4 milioni di yen nel 1898 a 16 milioni negli anni successivi alla guerra con la Russia (185). Negli anni 1900-1901 vi fu un periodo di crisi per l'industria dei filati che causò una concentrazione e centralizzazione di tipo monopolistico (186).
  L'unica importante fabbrica di tessuti di lana, introdotta per la nuova moda occidentale e le divise dei funzionari governativi, fu costruita nel 1877-78 da tecnici tedeschi e rimase il principale centro di produzione fino al 1900.
  Peculiare fu lo sviluppo della produzione serica che, approfittando della crisi di produzione in Europa, incrementò le esportazioni di uova di bachi da seta e di seta (187). L'aumento della domanda incentivò la produzione di seta grezza e permise l'adozione di innovazioni tecniche, la più importante delle quali fu la dipanatura meccanizzata che dava un prodotto migliore di quella fatta a mano (188). Tale procedimento, ottenibile con una modesta richiesta di capitali, si sviluppò soprattutto dopo il 1869, quando il mercato mondiale ritornò competitivo grazie alla recupero dell'industria serica francese ed italiana (189).
  La tessitura continuò ad essere praticata con i metodi tradizionali da famiglie contadine nei villaggi (190). La tintura e la rifinitura, la distribuzione interna e l'esportazione avevano il loro centro principale a Kyoto ed erano controllate dai tonya o mercanti all'ingrosso; questi acquistavano i tessuti da mercanti dei piccoli centri e fornivano, con finanziatori stranieri, i capitali necessari ai produttori, oppure operavano attraverso il Verlagsystem (191), cioè fornivano ai lavoratori a domicilio delle campagne il materiale grezzo e pagavano, a cottimo, il prodotto finito (192).
  La produzione di seta greggia passò da 1,74 milioni di kin (1 kin = 0,6 Kg), pari a 1044 tonnellate, del 1868 ai 2,86 milioni di kin, pari a 1716 tonnellate, nel 1883, al milione di kan (1 kan =8,27 libbre), pari a 3750 tonnellate, nel 1900 (193) fino a superare i 9,5 milioni di kin, cioè oltre le 5600 tonnellate, nel 1907 (194).
  La produzione col metodo tradizionale, lo zakuri, fu superata da quella meccanizzata solo nel 1893, ed ebbe un notevole incremento dopo la guerra con la Cina e le costruzioni di nuove fabbriche (195). La filatura e la tessitura destinata al mercato interno faceva uso ancora nel 1894 di filatori e dei telai a mano (196).
  Il governo, anche per questo importante settore economico, fornì assistenza tecnica e aiuti finanziari, costruì tre impianti modello, “fabbriche pilota”, con tecnici e attrezzature e europee nel periodo 1872-1877 (197). Inviando contemporaneamente tecnici giapponesi a specializzarsi in Europa (198). visti stabilimenti si specializzarono nell'utilizzazione degli scatti degli altri opifici (199). Il successo della produzione di seta fu dovuto, soprattutto, a imprenditori privati della zona dell'Honshu, tra i quali gli Ono,antica famiglia mercantile, che possedeva una fabbrica nel 1870 e ne impiantarono altre sette tra il 1872 e il 1873 (200).
  La massiccia esportazione di seta greggia e a Habutae, qualità speciale giapponese, soprattutto verso l'America permise di coprire le spese dell'importazione di filati di cotone dall'impero britannico, di macchinari, di ferro e di cotone greggio. Le esportazioni di seta coprirono il 43% delle esportazioni totali nel 1880 (201) e passarono da un valore di 16,5 milioni di yen nell'anno 1887 a 116,5 milioni nel 1907 (202), con una media annua, nel periodo 1889-1893, di 27 milioni di yen, corrispondenti ad un terzo del commercio estero giapponese (203).
  3. Negli ultimi anni del periodo Tokugawa l'importanza data dagli Han alla costruzione di cannoni portò alla prima produzione d'acciaio in forni a riverbero. A Hizen, Mito e Satsuma lo shogunato avviò fonderie nel 1850 nel 1857, chiamando esperti olandesi per quella di Nagasaki e, nel 1865, tecnici francesi per quelle di Yokohama e Yokosuka (204). Nel 1884 l'unica fonderia pubblica importante giapponese, quella di Kamaishi, venne ceduta all'industriale Tanaka Chobei (205).
  Nel 1895 veniva importata la maggior parte del ferro e quasi tutto l'acciaio (206). stimolata dalla domanda derivante dalla guerra con la Cina, la produzione di ghisa aumentò fin quasi a eguagliare, nel 1900, le importazioni; infatti, 23,000 tonnellate vennero prodotte e 24,000 importate. Nello stesso periodo,invece, la produzione interna di acciaio e era di appena 1000 tonnellate contro le 289,000 importate. Intanto, la produzione di ghisa passò da 26,000 tonnellate nel 1896 a 145,000 del 1906 (207).
  Dopo un lungo iter, durato dal 1896 al 1901, il governo fondò con capitale statale e intervento di tecnici metallurgici stranieri le acciaierie Yawata (208). approfittando delle clausole del trattato di Shimonoseke, per il funzionamento di queste acciaierie si utilizzò il ferro delle miniere cinesi di Ta-Yeh. Inoltre, venne fondato lo stabilimento Anzan in Corea (209).
  La maggior parte delle attività minerarie, molte delle quali di piccole dimensioni e prive di procedimenti meccanizzati, era detenuta da privati; nel 1881 il 99% del carbone, il 94% del ferro e il 77% del rame prodotti in Giappone provenivano da miniere private (210). Nel 1869 venne aperta una moderna miniera di carbone con aiuto tecnico e finanziario inglese, poi, liquidato nel 1874. nel 1880 furono messi in funzione altre otto miniere di carbone, l'anno successivo furono investiti i fondi per una moderna miniera di ferro (211). Grazie anche a queste iniziative la produzione di carbone crebbe enormemente passando da 600,000 tonnellate nel 1875 a 13 milioni nel 1905 (212). Nel 1881 che il governo produceva il 90% dell'oro è dell'argento estratti Giappone (213).
  Il massiccio intervento governativo per favorire la diffusione delle ferrovie incrementò l'industria pesante. La prima linea ferroviaria progettata nel 1871 fu costruita tra il 1872 e il 1877 grazie a un prestito di 913,000 sterline emesso a Londra (214), e collegava Tokio a Kyoto, Osaka, Kobe e Yokohama (215). La linea Tokyo Yokohama, lunga 19 miglia e completata nel 1872, trasportava nel 1877 40,000 tonnellate di merci, riuscendo a coprire già 1/7 dei costi di costruzione (216). Nel 1881 la rete era lunga appena 76 miglia (217), ma il numero dei passeggeri che era elevato: 2 milioni nel 1880. Tra il 1883 e il 1890, le ferrovie statali crebbero da 181 a 551 miglia, quelle private da 63 a 898 miglia (219). nel 1903 le linee ferroviarie raggiunsero le 4494 miglia di cui 3150 appartenenti a compagnie private, finanziate con sussidi governativi o dai cosiddetti “mercanti politici” (seisho). Una parte considerevole del capitale privato investito in questo settore, escludendo la quota appartenenti agli zaibatsu, derivava dalla conversione, attraverso banche locali, della rendita fondiaria dei proprietari terrieri, jinushi, e dei capitali di ex samurai e ex daimyo (220). Il traffico ferroviario di merci era imponente e permetteva profitti elevati agli azionisti delle compagnie.
  Le prime navi di modello occidentale fecero la loro comparsa alla fine del periodo Tokugawa, arrivando degli anni della Restaurazione a un totale di 138 navi, sia di costruzione nazionale che estera. Presso 14 Han esistevano impianti di manutenzione e costruzione di navi di tipo occidentale (221). a partire dal 1896 la Marina Mercantile e ingegneria navale ebbero notevoli sovvenzioni statali. Tali sovvenzioni, per navi di tipo moderno in acciaio, fecero passare il naviglio nazionale che attaccava attraccava dal 14% nel 1883 al 35% nel 1903 sul totale delle navi presenti (222). Nel 1893 il tonnellaggio delle navi a vapore era di 150,000 tonnellate. Nel 1899 furono applicati sussidi speciali, per navi di costruzione giapponese, che permisero di quinto piegare le costruzioni navali nei 14 anni precedenti lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. In quel periodo il 50% delle merci era trasportato da navi giapponesi (223).
  Le industrie meccaniche rimasero di piccole dimensioni, ad esclusione degli arsenali militari e dei cantieri navali detenuti o operanti per il governo. Tra quelle private, le più importanti erano le Officine di Shibaura del gruppo Mitsui, fondate nel 1893, e le Officine di Ikegai, fondate nel 1899 (224). Il capitale investito nell'industria meccanica passò da 2.600.000 yen del 1893 a 14,6 milioni del 1903 (225). Grandi progressi si registrarono dal 1905 al 1910, come dimostra la riduzione dell'importazione di torni che passò da 3.350.000 yen a 360.000 yen (226).
  Nel 1870, a un Dipartimento dei Lavori Pubblici, fu affidata la supervisione sulle comunicazioni, considerate importantissime per il controllo dello Stato da parte del governo. La linea telegrafica, già funzionante tra Tokio e Yokohama, fu potenziata con i cavi sottomarini per Shangai e Vladivostok nel 1871 e il servizio postale governativo, istituito nel 1871 tra Tokio e Osaka, nel 1872 fu esteso al resto del paese (227). Nel 1880 quasi tutte le grandi città erano collegate da linee governative (228).
  Le linee telegrafiche e telefoniche, introdotte per uso pubblico nel 1890 divennero monopolio statale e furono rigorosamente controllate dallo Stato per ragioni militari (229).

  4. I primi lavoratori industriali giapponesi, reclutati da agenti delle fabbriche nelle campagne, erano soggetti a uno sfruttamento coatto. Il contratto di lavoro prevedeva, solitamente, in cambio di una somma di denaro, in parte riscossa in anticipo sotto forma di prestito la famiglia contadina, e questa cedesse il lavoro di una figlia per un periodo che andava da due a quattro anni. La restante parte del compenso veniva pagata alla scadenza del contratto o in rate semestrali, mentre il “prestito” doveva essere restituito in caso di fuga o di inadempienza dell'operaia (230). Questo tipo di lavoro è solitamente definito “migratorio” (dekasegi), anche se molti lavoratori, una volta terminato il loro contratto, fissavano stabilmente il loro domicilio in città, dove, oltre al lavoro salariale vero e proprio, c'erano richieste di lavoratori urbani generici: manovali edili, giornalieri dell'industria, lavoratori a domicilio. A questi lavoratori si aggiungevano fittavoli e contadini poveri che abbandonavano le campagne e che mantenevano forti legami con la terra (231). Gli operai che lavoravano in fabbriche con più di cinque dipendenti erano 400,000 nel 1897 e 600,000 nel 1907 (232).
  Fino alla guerra cino-giapponese, il lavoro salariato di origine agricola che, dagli storici marxisti giapponesi, viene definito di tipo “semi-schiavistico” non permise la creazione di forme di solidarietà operaia. Dopo tale guerra, con lo sviluppo industriale, e entrò in crisi il sistema semi schiavistico e prevalse la richiesta di lavoratori semi specializzati a danno delle posizioni degli oyakata, capoccia, che aveva mantenuto fino ad allora l'individualismo e il metodo di lavoro artigiano. Le lotte dei lavoratori inizialmente con rivendicazioni parziali e le locali rivolte spontanee, ikki, soprattutto nelle miniere, furono sostituite da moderne attività sindacali. Tramite l'attività dell'Associazione per la Creazione di Sindacati Operai, Rodo Kumiai Kiseikai, si formò una certa coscienza di classe che portò ai disordini dell'estate 1897 e allo sciopero degli Macchinisti giapponesi. Nate sotto l'influenza del sistema oyakata-totei, capoccia-apprendista, l'attività di queste organizzazioni rimase, comunque, di mutua assistenza (233). i primi “conflitti di lavoro” e iniziarono nel 1886 con lo sciopero alla filanda di seta Amami tiene cotonificio di Tennam nel 1889 che divennero più aspri negli anni 1897-99 per poi declinare dopo il 1900.
  I primi sindacati si formarono tra i lavoratori di particolari settori industriali: il Sindacato dei Metallurgici (Tekko Kumiai), nel 1897; l'Associazione per la Riforma delle Ferrovie Giapponesi (Nihon Tatsudo Kyoseikai), nel 1898, e il Sindacato dei Tipografi (Kappanko Kumiai), nel 1899. Nel 1900 vennero sciolti a causa della legge di polizia sull'ordine pubblico, la Chian Keisatsu-ho (234).
  Particolarmente sensibile al disagio del proletariato delle città fu Kagawa Toyohiko, convertitosi per protesta, nel 1903, al Cristianesimo, che con Matsuzaki Sotohiko svolse un'intensa attività sociale ispirata al mutualismo tra gli indigenti di Shinkawa, il quartiere industriale e portuale di Kobe (235).
  Un gruppo di socialisti, Abe Isoo, Katayama Sen Kinoshita Nasoe e Kotoku Shusui, diedero impulso alla Società per lo Studio del Socialismo e, nel 1901, fondarono il Partito Socialdemocratico (Shakaiminshuto), con un programma in otto punti influenzato da quello tedesco, operaista e pacifista. Il partito verrà però sciolto dalle autorità a pochi giorni dalla fondazione. Nel 1903 gli esponenti socialisti si raccolsero intorno alla Heiminsha, fondata da Sakai e Kotoku, sviluppando un movimento pacifista e pubblicando lo Shukan Heimin Shinbun, che s'impegnò contro la guerra Russo-Giapponese. Lo Heimin Shinbun fu in seguito costretto a cessare le pubblicazioni e alla fine della guerra, anche la stessa Heiminsha fu sciolta dal governo (236).
  5. Fondamentale per lo sviluppo industriale e economico giapponese fu la guerra contro la Cina del 1894-95. le spese di guerra sostenute dal Giappone, dal giugno 1894 all'aprile 1895, furono di 200 milioni di yen, contro una spesa annua media, nei cinque anni precedenti, di 81 milioni di yen, utilizzati per oltre il 70% spese a carattere non militare (237). Parziale copertura delle spese di guerra venne effettuata con l'emissione di titoli di Stato per il valore di 117 milioni di yen. Al fine di ridurre l'impatto sul mercato monetario, la Banca del Giappone fu costretta a prendere parte alle emissioni, e alle altre banche furono concessi crediti maggiori per ridurre la scarsità di moneta derivata dalla loro sottoscrizione (238). La parte restante della spesa coperta con le entrate fiscali e, soprattutto, con il surplus di fondi del tesoro e con prestiti a breve termine e messi dalla Banca del Giappone, che furono, in seguito, restituiti utilizzando l'indennità di guerra pagata dalla Cina (239).
  L'espansione della domanda totale stimolò lo sviluppo economico delle imprese capitalistiche. Negli anni 1894-96, il reddito nazionale passò da 1591 milioni di yen a 1702 milioni, mentre il solo reddito nazionale prodotto dall'industria passò da 254 milioni di yen a 358 milioni, con un aumento del 40% (240). Inoltre, le iniziative del dopoguerra dirette dal piano di espansione degli armamenti e finanziato unità di guerra, pari a circa 365 milioni di yen, continuarono a sostenere la produzione (241). Il pagamento dell'indennità, le sterline oro, corrispondente a 230 milioni di Tael ossia 414 milioni di yen (242), permise, di adottare, nel 1897, il “gold standard” che, stabilizzando il valore dello yen, favorì il commercio estero e condusse a un parziale ristabilimento di autonomia tariffaria del Giappone (243). L'indennità pagata dalla Cina, di cui solo un terzo venne portato in Giappone sotto forma d'oro e argento, fu spesa per l'espansione degli armamenti nel periodo tra la guerra Cino-Giapponese e quella Russo-Giapponese (244). Infatti, la spesa annua media passò da 79 milioni di yen nel periodo 1884-1893 a 213 milioni del periodo 1894-1903 e quella militare da 21 milioni di yen a 86 milioni negli stessi anni (245). Il reddito nazionale crebbe da 950 a 1615 milioni di yen (246).
  Nel 1903 il debito pubblico raggiunse i 550 milioni di yen, e fu coperto, oltre che dall'indennità di guerra, da nuove emissioni governative e da aggravi fiscali, tasse e monopoli, ti portarono il gettito fiscale da 65 milioni di primi anni di guerra a 124 milioni dei 10 anni successivi, con uno spostamento percentuale tra le imposte dirette (dal 64% al 45%) e indirette (dal 36% al 55%) (247).
  Lo sviluppo delle industrie giapponesi è confermato dallo spostamento percentuale tra le importazioni e le esportazioni di prodotti finiti e materie prime. Infatti, la dipendenza dall'estero per prodotti finiti, che rappresentava il 48,6% del totale nel periodo 1878-82, si ridusse al 35,1% nel periodo 1893-97, mentre l'importazione di materie prime passò dal 3,5% al 22,7% delle importazioni totali (248).
  Contemporaneamente crebbe dell'esportazione di prodotti finiti, soprattutto tessili, che passò da 7,2% a 26,2% (249), mentre l'esportazione di semilavorati, soprattutto seta, si mantenne ad un livello costante tra le 40 e 50% del totale, e quella di generi alimentari, che rappresentavano il 26% del totale, diminuì (250). Il commercio estero rimaneva modesto, infatti nel periodo 1888-93 furono registrate per le importazioni e le esportazioni medie annue inferiori a 80 milioni di yen (251). Negli anni 1903-1907 l'importazione di materie prime salii al 33% del totale, e l'esportazione di prodotti finiti al 31% del totale delle esportazioni (252), mentre si riduceva 21% la percentuale delle esportazioni di materie prime e generi alimentari (253).
  Intanto, il capitale giapponese si concentrava nelle mani di un ristretto numero di soggetti, le vecchie case commerciali, gli ex-daimyo liquidati con grosse somme di denaro e elementi favoriti dal governo. Questo gruppo ristretto che era in perfetta simbiosi con il governo che offriva loro protezione, prestiti in caso di necessità o possibilità di investimento in buoni dello Stato. Le concessioni del governo venivano attinte dal “Fondo di Riserva” e dalla “Fondo di Promozione Industriale”. Nel periodo 1873-1881, dal primo fondo fu prelevata la somma di 53 milioni di yen mentre le entrate medie annue del governo, derivanti principalmente dall'imposta fondiaria, che erano di 44 milioni di yen. Dal Fondo di Promozione Industriale, sostituito nel 1878 dal “Prestito pubblico per la promozione industriale” vennero concessi 6 milioni di yen all'industria pubblica (254).
  Negli anni '80 di governo aveva ceduto aziende pubbliche a prezzi molto bassi a causa della necessità di reperire capitali. Questa manovra vide, nel 1880, la cessione di 52 aziende, di cui tre cantieri navali, dieci miniere e cinque fabbriche di munizioni, al miglior offerente. E capitale statale investito in imprese, anche dopo la svendita, degli anni '80, continua ad aumentare. Prima della nazionalizzazione delle ferrovie private era concentrato, principalmente, nelle ferrovie statali, negli arsenali militari, nelle ferriere e monopoli governativi, tutte attività che davano profitti molto bassi. Erano, per lo più, stabilimenti creati per ragioni militari che utilizzavano capitali ricavati dalle finanze pubbliche per coprire le perdite.
  Buona parte delle ricchezze accumulate dai mercanti del periodo Tokugawa era stata impiegata nelle imprese del Bakufu che dei feudi ed era andata perduta cui era rimasta legata, da norme interne delle grandi città alle attività bancarie e mercantili tradizionali. Un'altra parte era stata investita nell'acquisto di terre o dell'usura. Il finanziamento delle imprese industriali fu, quindi, lasciato per cifre modeste a imprese familiari, o a persone con spirito d'iniziativa e grossi appoggi governativi, causando la dipendenza totale per piani di investimento a lungo termine dal governo o ai nuovi imprenditori privilegiati. Verso il 1885 l'alta redditività dettata dalle imprese cotoniere attirò il capitale privato dei mercanti di Osaka e di altri vecchi centri finanziari (255).
  Società come la Mitsui e la Mitsubishi avevano continuato ad accumulare capitali dal 1870 come usurai-mercanti privilegiati (seisho), legati al potere statale e si erano rivolti all'acquisto di imprese pubbliche per diversificare troppi interessi, diventando zaibatsu, ossia “cricche finanziarie”. Queste società, derivanti dallo sviluppo peculiare delle società commerciali e finanziarie del Giappone, caratterizzarono l'economia giapponese fino alla seconda guerra mondiale. La Mitsui aveva viziato con la Mitsui Commerciale (Mitsui Bussan) che la Banca Mitsui (Mitsui Ginko); del 1888 aveva poi acquistato dal governo alla miniera di carbone di Miike.
  La Mitsubishi utilizzando come Mitsubishi Kaisha, poi Compagnia Giapponese di Navigazione (Nippon Yusen Kaisha) oltre alla miniera di carbone di Takashima, dal 1887 acquistò miniere di carbone metalliche e i cantieri navali di Nagasaki. Anche gruppi minori come Sumitomo, Furukawa e Fujita possedevano soprattutto miniere a fini di esportazione e avevano monopoli nella distribuzione e degli acquisti. Per il reperimento del capitale degli zaibatsu esisteva un sistema chiuso di autofinanziamento, altrettanto importanti erano gli stretti legami politici che permettevano alti profitti: privilegi commerciali alla Mitsui Commerciale, sussidi governativi alla Nippon Yusen Kaisha e finanziamenti da parte della Banca del Giappone alle banche Mitsui, Mitsubishi Goshi e Sumitomo del 1895.
  La società Mitsui del 1893 si riorganizzò e si rafforzò come gruppo centralizzato e comunitario di capitali. Secondo le nuove disposizioni previste dal Codice commerciale, le sue tre grandi imprese, Banca Mitsui, Mitsui Mineraria e Mitsui Commerciale furono riorganizzate in Gomei-Gaisha o Società in Nome Collettivo, di cui soli membri societari erano gli 11 rami della famiglia Mitsui. Nel contempo si costituì il Consiglio della casa Mitsui composto dai rappresentanti delle 11 branche per il controllo imprenditoriale. Nel 1900, per aumentare la centralizzazione, fu effettuata una revisione delle leggi della famiglia Mitsui (256).
  Il capitale privato non-zaibatsu proveniva dagli elevati proventi ottenuti grazie al basso costo della manodopera nel settore tessile, mentre i finanziamenti che erano di natura politica e concessi dalla Banca del Giappone e dalla Yokohama Specie Bank. Le banche locali, che gestivano i capitali posseduti dai proprietari fondiari sotto forma di azioni o di depositi e che erano stati accumulati approfittando della situazione e di disponibilità di lavoro a basso costo dei fittavoli nelle campagne, finanziavano l'industria tessile o le società ferroviarie (257).

  6. Le banche giapponesi furono istituite nel 1872 sul modello di quelle statunitensi e concessero facilitazioni finanziarie per costituire società per azioni con biglietti di emissione propri soprattutto dopo la revisione dei regolamenti del 1876. I fondi di riserva di tali istituti furono costituiti dalle obbligazioni governative emesse per convertire gli stipendi feudali e ritirare valuta cartacea del governo (258). infatti, nel 1867 gli erano ben 1694 varietà di moneta circolante (259); Ito e Okuma Shigenobu, viceministro delle finanze nel 1869, al fine di facilitare le transazioni commerciali, le unificarono facendo dello yen la moneta standard. Essi adottarono il sistema decimale e attribuirono allo yen valore uguale a quello del dollaro messicano usato nelle transazioni internazionali in Asia orientale, pari a mezzo dollaro americano, e fondarono a Osaka una moderna zecca (260).
  Fino al 1930 la moneta giapponese mantenne il valore di mezzo dollaro americano e 10 yen equivalevano ad una sterlina.
  La necessità di una Banca nazionale portò, nel novembre 1881 all'adozione da parte del ministro delle finanze Matsukata Masayoshi delle misure indirizzate a convertire la carta moneta governativa e ad accumulare la moneta metallica necessaria; si rese così possibile la costituzione della Banca del Giappone e la creazione di un sistema bancario centralizzato che sostituiva quello adottato fino ad allora sul modello americano. Queste misure si resero necessarie per arrestare l'inflazione che, dal 1877, coinvolse l'economia giapponese (261).
  Tale inflazione, dovuta all'emissione di carta moneta non convertibile aveva a molteplici cause: le elevate spese sostenute per la spedizione contro la ribellione di Satsuma (Seinan Senso) (262); i prestiti concessi dal precedente ministro delle finanze Okuma Shigenobu con conseguente deflusso di moneta metallica; il disavanzo della bilancia commerciale dovuto alle importazioni indispensabili per lo sviluppo delle industrie nazionali (263).
  Il circolante aumentò dai 106 milioni di yen nel 1877 ai 160 milioni nel 1880 (264). Nel 1877 la copertura metallica dei biglietti era scesa al 5% (265), e il potere d'acquisto della carta moneta, ormai deprezzata, non supererà la metà del valore nominale (266). inoltre, l'inflazione riduceva il valore reale dell'imposta fondiaria (267).
  L'inflazione colpì duramente soprattutto gli ex samurai e i contadini a causa del rialzo dei prezzi e della penetrazione nelle campagne di attività commerciali che davano adito a speculazioni. Ad esempio, il prezzo del riso crebbe da 5,7 yen per koku nel 1877 a 9,4 yen nel 1879 e a 12,2 yen nel 1880 (268). Le misure adottate da Matsukata Masayoshi, ministro degli interni fino al 1880 e ministro delle finanze dal 1881 al 1892, furono: blocco dell'emissione di carta moneta, restrizione della spesa annua, aumento delle tasse.
  Dal 1882 al 1884 furono riordinate tutte le spese, ridotti i fondi di quasi tutti i rami dell'amministrazione, comprese le forze armate, furono licenziati gli esperti stranieri e richiamati gli studenti all'estero (269). L'inasprimento delle imposte non coinvolse l'imposta fondiaria, ma solamente le imposte sui beni di consumo, in particolar modo quelle sul sake e sul tabacco (270). Un'altra fonte di entrate per lo Stato fu la cessione delle industrie governative, già messe in vendita dal 1880, i cui prezzi, al momento della cessione, nel 1884, furono poco convenienti per lo Stato ed oscillarono tra l'11% e il 90% degli investimenti iniziali (271). Inoltre, fu avviato in via sperimentale il sistema di pagamenti con l'estero. Tale sistema prevedeva la concessione di un prestito in carta moneta svalutata da parte dello Stato agli esportatori giapponesi, garantito dalle loro merci. Il saldo del debito doveva avvenire dopo la vendita della merce ed essere effettuato in valuta estera (272). Queste misure condussero, dal 1881 al 1884, ad un surplus di 40 milioni di yen, di cui 14 milioni vennero utilizzati per il ritiro di moneta cartacea e 26 vennero destinati al fondo di riserva (273) che permisero, nel 1885 di annullare l'aggio sulla carta moneta in rapporto con l'argento, che nel 1881 era del 73% (274).
  Inoltre, la moneta cartacea del governo venne sostituita con banconote della Banca del Giappone. Nel giugno 1885 il governo potè annunciare che dal gennaio 1886 la Banca del Giappone avrebbe iniziato la conversione della carta moneta cartacea con quella argentea (275). La parità tra lo yen di carta e l'argento fu ristabilita nel 1894. Il miglioramento della situazione finanziaria del governo giapponese permise, nel 1886, la sostituzione dei titoli di Stato, che davano un interesse dall'otto al 10%, con una nuova emissione al 5% (276).

 Note al capitolo 1

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Due late-comers a confronto: la Guerra Russo-Giapponese del 1904-1905.
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pagina aggiornata il 30 ottobre 2008
scritto da Andrea Portunato